Parole su carta: recensione di “L’isola di Arturo” di Elsa Morante

Intenso,  ricco di immagini e descrizioni dei luoghi in cui la storia è ambientata, denso di senso e significato,  “L’isola di Arturo” di Elsa Morante che le valse il premio Strega nel 1957,  non è soltanto la storia di un ragazzo, Arturo, e del suo percorso di crescita ma soprattutto è la rappresentazione dei tormenti interiori e delle angustie dei suoi protagonisti.

photo©MariaDomenicaDepalo

Orfano di madre, Arturo cresce a Procida in maniera solitaria. Figlio di un padre assente, Wilhelm, che tuttavia adora, vive in una realtà tutta sua, frutto della sua immaginazione e diversa da quella con la quale inevitabilmente si scontrerà.

Uno scorcio di Procida (fonte pixabay.com)

I tormenti interiori di Arturo dovuti anche al rapporto complesso con Nunziatina, la sua matrigna, vanno a cozzare con la bellezza drammatica di Procida e della sua natura.
Eppure è proprio questo contrasto a rendere ancora più chiaro il dramma che rende il ragazzo docile, geloso, innamorato e crudele allo stesso tempo.

Elsa Morante (fonte Wikipedia)

Le pagine scorrono veloci e le parole colgono appieno le vicissitudini dei protagonisti che scorrono lente ma allo stesso tempo veloci su quell’isola. 

Procida (fonte pixabay.com)

Personalmente, l’ho amato almeno quanto “Il giovane Holden”. In Arturo ho rivisto infatti gli stessi tormenti e le stesse oscurità del protagonista del romanzo di Salinger. Lo consiglio vivamente.

Maria Domenica Depalo