Parole su carta: recensione di “Un animale selvaggio” di Joël Dicker
Imprevedibile, veloce nella narrazione, diretto ed immediato nella rappresentazione della storia e dei suoi attori, “Un animale selvaggio” ha tutti i requisiti che permettono di definire l’ultimo lavoro di Joël Dicker un vero e proprio capolavoro di suspense e di inquietudini.
L’apparente normalità dei personaggi narrati cela un groviglio di passioni, inganni e misteri che lasciano il lettore con il fiato in gola fino all’ultima pagina.
Letto in meno di una settimana, questo romanzo cattura chiunque decida di cimentarsi in pagine che scorrono rapide, secondo un ritmo incalzante ma costante, tuttavia mai banale. La noia infatti non è contemplata.
La vita perfetta di Sophie e Arpad non è davvero così come appare ma nasconde segreti che affondano le loro radici profonde in un pericoloso passato dal quale Arpad vorrebbe divincolarsi ma a cui la moglie è legata in maniera ossessiva.
La parola ossessione inevitabilmente rimanda a Greg, poliziotto sposato e padre di due bambini, marito solo in apparenza devoto alla moglie Karine. La sua passione smodata per Sophie lo porterà a rischiare la famiglia, la carriera ma soprattutto la vita.
Come la rischierà Sophie, a sua volta ossessionata da Fauve, vecchio rapinatore ed amico di Arpad, che la coinvolgerà in un progetto iniziato quindici anni prima.
Arpad, così apparentemente forte e spiritoso, si mostrerà invece tanto debole da non comprendere di essere una pedina di un gioco più grande ed i cui giocatori migliori ed efficaci sono proprio Sophie e Fauve.
Ad accumunare quest’ultimi due anche il tatuaggio di una pantera, resa protagonista di una racconto narrato dal Viscontini. Ma anche questo non è un caso.
Buona lettura.
Maria Domenica Depalo