L’amicizia spiegata da Seneca

L’AMICIZIA SPIEGATA DA SENECA


Chi è diventato amico per convenienza, per convenienza finirà di esserlo. Chi si è procurato un amico perché lo aiutasse nella malasorte: non appena ci sarà rumore di catene, costui sparirà. Sono le amicizie cosiddette opportunistiche: un’amicizia fatta per interesse sarà gradita finché sarà utile.
Così se uno ha successo, lo circonda una folla di amici, mentre rimane solo se cade in disgrazia: gli amici fuggono al momento della prova; per questo ci sono tanti esempi infami di persone che abbandonano l’amico per paura, e di altre che per paura lo tradiscono.
L’amicizia invece somiglia un po’ all’amore. Si ama forse per denaro? Per ambizione o per desiderio di gloria? L’amore di per sé trascura tutto il resto e accende negli animi un desiderio di bellezza e la speranza di un mutuo affetto. Ma come ci si accosta ad essa? Come a un sentimento bellissimo, non per lucro, né per timore dell’instabilità della sorte; se uno stringe amicizia per opportunismo le toglie la sua grandezza.

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio

Cos’è un amico? Un semplice compagno di giochi per i bambini o di bevute e follie per chi è adulto oppure non solo un compagno di giochi, bevute e follie ma qualcosa di più?

da pixabay.com

Quante volte un amico ci ha letteralmente salvato la vita ascoltando le nostre ansie, paure, ossessioni e sogni abbracciandoci o bacchettandoci.

Che valore diamo all’amicizia? Transeunte e temporaneo oppure stabile e definitivo? Siamo mai stati amici per opportunismo e convenienza? I nostri rapporti sono sempre stati improntati sulla limpidezza, onestà e trasparenza?

Riflettiamo un attimo sulle parole di Seneca e domandiamoci se il valore che attribuiamo alle persone che definiamo amiche sia specchio del valore che noi diamo a noi stessi.

Ma soprattutto il valore che attribuiamo a chi ci circonda è legato al grado di amicizia che si viene ad instaurare? È qualcosa che può prescindere da esso?

Maria Domenica Depalo

Solitudine e socialità: il pensiero di Seneca

« È importante sapersi ritirare in se stessi: un eccessivo contatto con gli altri, spesso così dissimili da noi, disturba il nostro ordine interiore, riaccende passioni assopite, inasprisce tutto ciò che nell’animo vi è di debole o di non ancora perfettamente guarito. Vanno opportunamente alternate le due dimensioni della solitudine e della socialità: la prima ci farà provare nostalgia dei nostri simili, l’altra di noi stessi; in questo modo, l’una sarà proficuo rimedio dell’altra. La solitudine guarirà l’avversione alla folla, la folla cancellerà il tedio della solitudine. »

Lucio Anneo Seneca, “De tranquillitate animi”

Solitudine e socialità: due sostantivi dal significato antitetico ma non per questo indicanti realtà disgiunte l’una dall’altra.

La socialità è parte costitutiva dell’essere “umani”. D’altronde Aristotele stesso, secoli prima, lo aveva evidenziato sottolineando la natura relazionale degli uomini attraverso la nostra definizione come “animali sociali”. Non possiamo essere e vivere da soli vista la nostra natura. Talvolta, tuttavia, ne sentiamo la necessità.

In tal senso la solitudine può essere intesa come un vero e proprio balsamo, in grado di allontanarci da ciò ci “intossica” ma anche di rigenerarci e di riportare alla luce ciò che di più intimo alberga in noi, come desideri, passioni e sogni a cui da tempo non prestiamo più attenzione, presi dalla frenesia del nostro tempo.

Solitudine e socialità non hanno ragion d’essere l’una senza l’altra. Solo soli, apprezziamo la socialità e solo in compagnia apprezziamo la solitudine.

E voi, che rapporto avete con queste realtà della natura umana?

Link:

https://fuoritempofuoriluogo.com/2019/10/30/la-solitudine-e-la-riscoperta-di-se/

https://fuoritempofuoriluogo.com/2019/06/01/hikikomori-quando-isolarsi-diventa-una-scelta-volontaria/

Maria Domenica Depalo