Quesito numero cinquantadue

Quesito numero cinquantadue

Parole rumorose, parole silenti, parole che scorrono veloci oppure lentamente, parole “sole” o “in compagnia”: le pensiamo, le pronunciamo e le organizziamo in frasi e discorsi sperando di dar voce a pensieri ed emozioni. Tuttavia spesso vengono perdute. Perché? Perché talvolta vengono solo “sentite” e non “ascoltate”.

Spesso infatti ci limitiamo a percepirne solo il flusso superficiale senza voler cogliere in silenzio ciò che va al di là della mera superficie delle lettere.

Perché non ascoltiamo? Perché preferiamo sentire? Forse perché siamo troppo chiusi in noi stessi. Proprio lo scrittore americano Chuck Palahniuk d’altronde afferma che:

“La gente non ascolta, aspetta solo il suo turno per parlare” ( da aforisticamente.com).

Voi cosa ne pensate? Quanto siete disposti ad ascoltare realmente le parole del prossimo? Siete disposti ad aprirvi al punto da accogliere appieno le parole del vostro interlocutore?

English version

Noisy words, silent words, words that flow fastly or slowly: we think of them, we pronounce and organize them in sentences and speeches hoping that they are able to give voice to our thoughts and emotions, but often they are lost. Because sometimes they are only “heard” in a superficial way and not “listened” deeply and with attention.

Rarely we go beyond the mere surface of the letters. Why don’t we listen? Why do we prefer to hear? Perhaps because we are too closed in ourselves. The American writer Chuck Palahniuk, moreover, states that:

“People do not listen, just wait their turn to talk” (from aforisticamente.com).

What do you think about it? How are we willing to listen?

Maria Domenica Depalo

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53 pensieri su “Quesito numero cinquantadue

  1. Oggi non siamo più abituati ad ascolatare, troppa tecnologia ci rende solitari, ma ascoltare vuol dire anche capire l’essenza delle cose e oggi c’è tanta superficialità, anche ascoltare è diventato mordi e fuggi.

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  2. Ascoltare non è semplice, nè scontato, infatti negli ultimi anni stiamo assistendo ad un vero boom delle professioni di aiuto che vedono proprio in questo il loro fulcro. Credo che sicuramente l’ascolto andrebbe esercitato, soprattutto verso i nostri cari e le persone che ci satnno a cuore, ma parlo di un ascolto attivo, attraverso il quale mettersi in connessione e nei panni dell’altro, cosa a mio avviso molto difficile ma non impossibile. Bel post

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    • Grazie per il complimento 🙂 l’ascolto attivo è davvero difficile e – hai ragione – va assolutamente esercitato. Non ci si può improvvisare anche se ci sono persone naturalmente predisposte all’ascolto.

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  3. Io approvo l’affermazione dello scrittore americano, la gente il più delle volte tende a non ascoltare quello che gli altri dicono ma aspettano soltanto di dire la loro! Io sono una persona che ama ascoltare le altre persone, ma fin da piccola! 🙂 baciiii

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  4. Quanto è vero! Quante persone che ti cercano e ti chiamano solo per raccontarti i loro successi o i loro problemi, per buttarti addosso il loro grigiore. Poi quando è il tuo turno improvvisamente hanno fretta o fingono di ascoltare. Non ho più tempo per queste persone.

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  5. Ho scritto un saggio nel 2017 sul potere della parola e, in parte, ho toccato anche questo argomento. Ogni parola ha un peso, un significato profondo che può cambiare completamente il senso della frase a seconda dell’interlocutore. Chi parla dovrebbe scegliere accuratamente le parole da dire, perché ognuna di esse ha un peso specifico e, non conoscendo (nella stragrande maggioranza dei casi) la persone che ho di fronte, non possiamo sapere cosa questa persona abbia passato nella propria vita e quindi la reazione che la persona potrebbe avere nell’udire quella determinata parola. Forse è anche per questo che le persone preferiscono sentire senza davvero ascoltare, drizzando le orecchie solo se sentono una parola che a loro sembra comunicare sensazioni positive. Anche l’interlocutore poi deve essere ben disposto a recepire il significato nascosto dietro le parole che sente. Credo che sia tutto un “gioco” di rispetto, ma soprattutto di educazione. Con educazione intendo proprio l’insegnamento. Bisognerebbe imparare l’importanza delle parole, sia nel dirle sia nell’ascoltarle. Il mondo forse oggi è troppo frenetico e siamo presi da mille altre cose, mille distrazioni, ma appunto per questo credo sia estremamente importante che qualcuno ci insegni l’importanza della parola.

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  6. Quanto sono vere queste parole, sia in ambito lavorativo che effettivo. Purtroppo mi sono ritrovata tante volte ad avere cosi fretta di dire la mia che mi sono ritrovata a non ascoltare. Ci sono rimasta cosí male su me stessa che mi sono ripromessa di ascoltare di piú!

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  7. Ciao, questo tuo pezzo lo ricollego ad un altro tuo articolo; quello sull’analfabetismo funzionale. Perché per me fanno parte dello stesso discorso. Mi spiego meglio, per me questo tipo di persone che, facendo un esempio: tu li inviti a bere un caffè: prima fanno la foto al caffè, poi la postano, poi 200 chat, poi ma un selfie no? con 100 hashtag caffè con… e solo dopo che hanno finito di fare 200 urgentissime minchiate (perdona il francesismo) ti guardano e: “scusa mi hai detto qualcosa? non ho capito!”. E ti ritrovi li, che non sai se é più scema l’altra persona o tu, che non hai ancora capito che oltre al Ciao non va, il come stai (salvo che tu non glielo mandi via whatsapp ovviamente) non viene recepito. Ecco per me queste persone sono le stesse che davanti ad un testo di 10 righe ne leggono 5 e ne capiscono 3. Al giorno d’oggi tutto é superficiale, tutto deve essere “luccisosamente” bello e terribilmente vuoto, é tutto un enorme gioco di specchi che si riflette su tutto: dai social al cinema (pesaci bene, da quanto tempo non vedi un film che non punti a stupire o far “sognare” o emozionare ma che abbia un contenuto realmente profondo e non una profondità superficiale fatta di stereotipi e luoghi comuni?) . Riassumendo, la risposta (a mio avviso) sta tutta nella superficialità del nostro tempo.

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