Hikikomori: quando isolarsi diventa una scelta volontaria

Hikikomori: quando isolarsi diventa una scelta volontaria

L’uomo è un animale sociale, diceva Aristotele nella “Politica” sottolineando come l’intima natura umana sia relazionale. Tuttavia può accadere, in alcuni momenti della propria vita, di non volersi confrontare con l’altro da sé. È l’empasse della relazionabilità e del rapporto io – altro. A volersi allontanare dagli altri, scegliendo volontariamente di restare da soli, sono spesso ragazzi e ragazze nonché giovani adulti. Il loro isolamento può essere di poche settimane o persino di anni interi. Ma di cosa si tratta? Si tratta del fenomeno denominato Hikikomori .

Ad affrontare tale tema ultimamente è stato il Convegno di Rimini, organizzato dal Centro Studi Erickson che ne ha evidenziato la sempre più crescente drammaticità.

Partiamo dall’etimologia che ne evidenzia già il significato. “Hikikomori” vuol dire “stare in disparte, per conto proprio”. In particolare sembra che a scegliere di isolarsi siano principalmente i maschi, anche se il numero delle ragazze è in aumento.

Di origine giapponese, il fenomeno sta acquisendo una dimensione sempre più ampia, coinvolgendo anche l’Italia. Ovviamente le cifre sono differenti. Basti pensare che in Giappone ci sono oltre 500.000 casi mentre nel nostro paese forse 30.000 circa.

Gli Hikikomori sono spesso persone dalla spiccata intelligenza, ma anche introverse. Non sembrano infatti sufficientemente forti da affrontare le difficoltà e le problematiche quotidiane. Da ciò la loro chiusura fisica ma soprattutto emotiva.

Le cause di questo fenomeno sono molteplici e possono essere anche di origine familiare, come i difficili ed irrisolti rapporti con i propri genitori oltre agli episodi di bullismo a scuola e con i compagni.

Chiusi nelle loro stanze e con i loro smartphone a fungere da unica finestra sul mondo, spesso non sono pienamente consapevoli della propria situazione e la negano. Bisogna pertanto lavorare su quest’ultimo aspetto per cercare di cambiare la situazione individuale.

La dimensione umana della socialità del singolo va riscoperta e riportata in vita. È un processo lungo ma necessario e non può essere compiuto da solo. Fondamentale è quindi la presenza della famiglia, di psicologi ed educatori. Dovranno “incuriosire” l’isolato relativamente agli aspetti positivi del ritorno nel mondo di “fuori”. Questo non significa distruggere il mondo interiore ma “semplicemente” mostrare come sia possibile “estenderlo” integrandovi esperienze della realtà esterna.

Ma leggiamo un’intervista che il giovane Tsukasa Hatakeyama ha rilasciato raccontando come è tornato a confrontarsi con gli altri dopo ben ventinove anni di reclusione volontaria. Potete rileggere questa intervista nonché trovare altre informazioni concernenti il tema degli Hikikomori cliccando sul link indicato in basso.

“Sono tornato nella società un mese fa. Ho attraversato un periodo di sfiducia nei confronti dell’umanità dopo aver subito bullismo alle elementari e alle scuole medie. A 16 anni ho abbandonato la scuola solo tre mesi dopo l’iscrizione e ho trascorso i 29 anni successivi all’interno della mia casa. […]

Ho sempre pensato di uscire, di lavorare e di superare la mia difficoltà nel parlare con altre persone, ma non riuscivo a fare il primo passo perché non avevo idea di come sarebbe potuta andare.

Tre anni fa un assistente sociale cominciò a venire a casa mia portando dei volantini con i corsi disponibili in città[Fujisato, Giappone] . Inizialmente rifiutai qualsiasi cosa, sostenendo che fosse troppo difficile, o per il fatto che avevo paura a interagire con altre persone. Tuttavia, in seguito, cominciai a interessarmi a quello che accadeva in città. […]Data la mia passione per le auto, mi immaginai di poter fare il meccanico.

Alla fine la morte di mio padre mi costrinse a interrompere la reclusione. Circa una settimana dopo la sua morte, un assistente sociale venne a farmi visita. Mi fu subito chiesto se desideravo partecipare a un’esperienza lavorativa che si sarebbe tenuta nei giorni seguenti. Io risposi: “Sì, sì, verrò!”, ma ero preoccupato perché non avevo idea di cosa si trattasse.

Quando feci ritorno nella società mi sentii più leggero. Divenni meno irritabile. Il mondo attorno a me sembrava completamente differente. Sento come di aver perso qualcosa in questi 29 anni.” (tratto da http://www.hikikomoriitalia.it/)

Non aspettiamo ventinove anni per ritornare a vivere. La vita è un soffio e sprecarla tra le mura domestiche è davvero un peccato. Perché perdere l’occasione di arricchirsi personalmente o di arricchire il prossimo con la propria presenza?

Per informazioni:

http://www.hikikomoriitalia.it/p/chi-sono-gli-hikikomori.html

http://www.hikikomoriitalia.it/

https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/04/29/news/sindrome_di_hikikomori_quando_gli_adolescenti_diventano_vittime_della_tecnologia-225095895/

Maria Domenica Depalo

61 pensieri su “Hikikomori: quando isolarsi diventa una scelta volontaria

  1. sì, davvero un dramma, soprattutto per i genitori, con cui mi identifico, naturalmente. mi immagino una madre, con la tentazione quotidiana di scuotere il figlio o la figlia, per poi trattenersi, avendo timore di fare peggio, magari ogni giorno sperando in qualcosa che intervenga dall’esterno… mi sono già fatta il film e mi ha preso allo stomaco.

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  2. Articolo molto interessante. Ne avevo sentito parlare una sola volta e tantissimo tempo fa. Ma credevo che si trattasse di un fenomeno isolato solo al Giappone. Forse la quantità di casi tra l’Italia e il Giappone è dovuta alla differenza demografica?

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    • A mio parere potrebbe dipendere anche dal tessuto sociale e dal modus vivendi. Nonostante i difetti, in Italia il tessuto sociale è ancora abbastanza unificante.

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  3. Credo che in età adolescenziale, a volte per forza di cose, a volte per colpa dell’ambiente circostante, la soluzione più facile rimanga proprio quella di isolarsi completamente. Il problema è uscirne fuori o riuscire a chiedere aiuto in queste situazioni delicate.

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  4. Purtroppo nella società dove viviamo ora è davvero facile passare dalla solitudine all’isolamento senza a volte neanche accorgersene. Conosco tante ragazze adolescenti che a volte preferiscono chiudersi in se stesse ed isolarsi piuttosto di fregarsene dei giudizi altrui.

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  5. Ne avevo sentito parlare, ma non credevo che ci fossero così tanti casi in Italia. Comunque se lo fanno senza una ragione proprio non li capisco. Oppure si sentono inadeguati e non vogliono il confronto.

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  6. Credo che il tutto inizi dall’adolescenza quando ci si piazza da soli davanti ad un dispositivo elettronico, i nostri bambini non sono già più capaci di instaurare relazioni…cosa bruttissima

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  7. Non ne ero al corrente però è pur vero che l’avvento di internet ha influenzato negativamente i rapporti sociali in generale, secondo me. L’hikikomori potrebbe esserne una delle conseguenze più forti.

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  8. Un argomento molto interessante, non pensavo che così tante persone in Italia avessero scelto di isolarsi completamente dal resto del mondo e il fatto che siano prevalentemente giovani e giovanissimi rende questo fenomeno particolarmente inquietante.

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  9. Avevo già sentito parlare di Hikikomori, e purtroppo ho scoperto che in Giappone ma anche nel resto del mondo ci sono ragazzi che non escono di casa o non hanno contatti con gli altri da anni. Penso che un po’ di solitudine ogni tanto ci voglia, ma l’isolamento completo dal mondo reale lo trovo pericoloso.

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  10. Io sono una persona che ama isolarsi, anche se ovviamente in maniera costruttiva, almeno credo. Non conoscevo però questo fenomeno e che avesse una sua definizione, Hikikomori, giovani e non solo che non affrontano l’altro, che non escono di casa per lunghi periodi è davvero un fenomeno, una malattia oserei dire…preoccupante

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  11. Questa cosa mi fa paura per i miei figlia, anche se devo dire che alcune volte io stesso mi isolo in una stanza al buio per ore perché mi aiuta a pensare e rilassarmi, ma è una cosa diversa!

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  12. Quando è una scelta volontaria, non ti pesa startene per conto tuo, i tuoi amici e confidenti diventano, quei piccoli e sinceri momenti che passi con le persone più diverse dal panetterie o i negozio sotto casa oppure un amico conosciuto in poco tempo e vai al pub per un birra e 4 chiacchiere. Basta poco per trovare una dimensione più umana e vera

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  13. Non sapevo che avesse un nome specifico, ma so che è un fenomeno che tocca molto da vicino in Giappone.
    Giusto qualche giorno fa leggendo un articolo su delle persone in Giappone che per lavoro svuotano le case delle persone morte sole, proprio perchè talmente isolate da tutti che nessuno se ne interessa mai, una vicenda tristissima.

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  14. Io credo (e un po’ ho letto) che questo fenomeno unisca una paura del mondo fuori, tipico dei principi di disturbo depressivo, alla facilità con cui oggi possiamo sentirci “connessi” al mondo, senza realmente confrontarci con esso. Cioè in pratica due fenomeni in crescita e quasi incontrollabili che si uniscono. (per altro, conosco persone che ne soffrono sul serio anche senza aver avuto una vera e propria diagnosi)

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  15. mamma mia sono veramente tanti casi qui in Italia…… epoi immagino che ne siano ancora di più che non sono stati evidenziati….. un problema davvero grande per una famiglia.

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  16. articolo molto interessante, io in genere sono una persona che non ama stare sola, mi piace la compagnia anche se a volta abbiamo dei momenti in cui vogliamo star da soli con i nostri pensieri Mi è piaciuto molto il tuo articolo-

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  17. Io lo faccio spesso. Almeno un paio di volte all’anno. Un isolamento volontario, di qualche giorno, in cui mi immergo nella natura o semplicemente sto a casa senza fare quasi nulla. A volte ne sento la necessità e spesso poi ne esco rigenerata. Un momento di raccoglimento con sè stessi serve.

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  18. Trovo questo articolo molto interessante. Purtroppo il tutto dipende dall’ambiente in cui si vive e oggi la società in cui viviamo spinge spesso gli individui a isolarsi. Nel periodo dell’adolescenza anche presi la decisione volontaria di isolarmi per vari motivo. Penso che a volte faccia bene questo isolamento.

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  19. Pingback: La solitudine e la riscoperta di sé – fuoritempofuoriluogo

  20. È interessante anche la correlazione tra intelligenza e tendenza all’isolamento: perché ci si sente più fragili? Perché si vedono più problemi (veri o solo possibili) degli altri? Perché si ha più bisogno di concentrarsi? Mah! E poi anche il fatto che il fenomeno degli hikikomori sia prevalentemente giapponese (o almeno, che sia affrontato di petto dai giapponesi) è favorito da certi abiti culturali, magari religiosi, dei giapponesi, oppure è di nuovo correlato all’intelligenza media? Come al solito, quando si scoperchia un vaso ne escono più domande che risposte…

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    • I rapporti che riusciamo ad instaurare e che viviamo possono in effetti condurci ad una scelta, quale è quella della singletudine, che spesso è necessaria perché la vita di coppia ci ha lasciato un impronta di tristezza e rammarico. L’importante però è trovare un equilibrio che ci permetta di stare bene principalmente con noi stessi e poi, eventualmente, con un’altra persona.

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  21. Anche quella di isolarsi è una forma di solitudine, anche se dall’individuo non è vista dal punto di vista del tutto negativo, perchè per chi fa questa scelta sta bene rinchiuso in casa e vive la sua vita in questo modo. Fino a qualche anno fa era un tabù essere un hikikomori, ora se ne parla un pò di più in film , serie tv e manga (soprattutto) e questo è un bene. Sara Bontempi

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