Parole su carta: recensione di Kitchen di Banana Yoshimoto

Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina.
Non importa dove si trova, com’è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano.
Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire.

photo©MariaDomenicaDepalo

Direi di partire proprio da queste parole per parlare di Kitchen di Banana Yoshimoto, un romanzo che, pubblicato negli anni 90 dalla casa editrice Feltrinelli, mi incuriosiva da tempo ma che solo ora sono riuscita a leggere.

Ufficialmente destinato ad un pubblico di ragazzi, in realtà esso è ricco di storie che ognuno di noi può sentire come parte di sé, vuoi per il contenuto vuoi per l’inevitabile identificazione con i personaggi del libro.

Ma andiamo con ordine: il libro si apre con Mikage che, persa la nonna, si ritrova completamente sola. Consapevole di essere l’ultima ed unica sopravvissuta della sua famiglia, trova consolazione soltanto nella cucina. Vissuta, ricca di ricordi, è l’unico luogo nel quale sembra trovare consolazione per la morte e la pace per il suo spirito. Tuttavia ben presto la vita della ragazza subisce una svolta, grazie a Yuichi Tanabe, un ragazzo che lavora part-time presso un fioraio presso cui la nonna comprava i fiori con cui addobbava la cucina.

Yuichi e sua madre Eriko l’accoglieranno e questo darà modo alla nostra protagonista di riscoprire se stessa e le sue passioni. Non voglio però dirvi altro.

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Morte, amore, cibo e amicizia sono tra i temi più ricorrenti e caratteristici che attraversano le pagine del romanzo, in cui la profondità delle parole si mescola ad un’armonia d’insieme che ne rende la lettura veloce ed piacevole.

In particolare nell’edizione in mio possesso (del 2021) c’è anche lo spendido ed onirico racconto Moonlight Shadow.

Moonlight Shadow, con cui l’autrice chiude il libro, è uno di quei racconti che ti rimangono dentro sia per la profondità della storia e che per la sensibilità fuori dal comune dei protagonisti, a mio parere.

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Anche qua si parte dalla morte di un ragazzo e dell’impatto che ha avuto su Satsuki, la protagonista di questo racconto, e su Hiiragi, fratello della vittima.

Tormentata ed inquieta, Satsuki avrà però modo di incontrare una misteriosa ragazza di nome Urara, che le darà modo di vedere l’alba con occhi nuovi e di rinascere.

Tantissima attenzione viene ancora una volta riservata ai sentimenti e alle emozioni dei protagonisti. Essi ci aiuteranno a comprenderli meglio ma anche a rappresentare ciò che da tempo era nascosto e sopito dentro ognuno di noi lettori.

Promosso a pieno voti.

Maria Domenica Depalo

6 pensieri su “Parole su carta: recensione di Kitchen di Banana Yoshimoto

  1. Ciao! Ho letto con interesse la recensione, che ho trovato splendidamente scritta e che mi ha fatto venir voglia di leggere il libro che hai consigliato! Magari lo inserisco nella mia lista di letture e prima o poi ci arriverò xD

    Sembra molto interessante e molto ‘profondo’, con temi non da sottovalutare 😉

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  2. Non ho mai letto nulla di questa autrice ma, avendo un figlio appassionato di cucina e Giappone mi chiedo se può andar bene come lettura per lui. Ha quasi 12 anni, dici che è indicato o meglio aspettare qualche anno?

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  3. Kitchen è stato il primo romanzo che mi ha fatto avvicinare a Banana Yoshimoto. Ho sempre pensato che il suo stile sia così profondo e intimo da colpire anche chi non è neofilia di letteratura orientale.

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