Accumulatori seriali e dove trovarli? Libri, dépliant, matite dell’ikea, guide turistiche, mappe e chi più ne ha più ne metta: nulla sfugge agli occhi e alle mani veloci di chi pensa che tutto potrebbe tornare utile o addirittura essere necessario ed indispensabile al vivere quotidiano.
Accumuliamo ed accumuliamo ma poi quando si tratta di disfarci dell’inutile perché di quello si tratta (tranne quando si parla di libri) oppure perché consapevoli che siamo in presenza dell’eccessivo, allora sorgono i problemi.
Una strana ansia divampa in noi, un terrore di essere privati di qualcosa di essenziale come se fosse un arto o peggio. Perché però accade questo? Cosa si nasconde nell’arte-ossessione di accumulare?

Conservare degli oggetti come ricordo è una pratica del tutto normale. Anche se sono vecchi, rotti o non più utili, possono rappresentare un legame con una persona che non è più presente o con un momento significativo della nostra vita. Tuttavia, quando il desiderio di trattenere questi oggetti senza disfarsene (o l’acquisto di nuovi oggetti senza utilizzarli) arriva a interferire con le attività quotidiane, come l’igiene personale, la pulizia della casa o il riposo, questo atteggiamento diventa patologico. Si tratta di un disturbo noto come disposofobia, che indica una vera e propria condizione di accumulo compulsivo. (https://www.humanitas.it/news/accumulatore-seriale-quali-sono-le-cause-della-disposofobia/)
Vi è mai capitato di guardare in TV quei programmi dedicati proprio a chi soffre di questa patologia? Qual è la prima cosa che emerge osservando queste persone? Sicuramente una grandissima solitudine, una sensazione di vuoto che si tenta di colmare con degli oggetti che assumono quel ruolo di sostituti di figure umane, parenti, amici o conoscenti con cui ogni rapporto sembra ormai chiuso ed inesistente.

Si accumula perché “potrebbe servire”. Ogni cosa viene conservata e staccarsene diventa un problema perché “non si sa mai”. I dépliant, gli scontrini, le pubblicità che troviamo nelle nostre cassette postali vanno ad assumere un valore che oltrepassa quello effettivo e reale per assumerne uno nuovo e personalissimo. Le conseguenze possono essere importanti anche a livello logistico: le stanze si riempiono sempre più con inevitabili conseguenze anche a livello personale. Persino l’igiene individuale viene messa a dura prova visto che qualsiasi cosa che vada ad occupare spazi, priva le persone del proprio spazio vitale e della propria capacità di espressione.
Si crea così uno sbilanciamento tra il materiale che “esce” (quasi nulla / nulla) e quello che “entra” perché acquistato o raccolto in giro (volantini, bustine di zucchero, giornali, vestiti, cibo, in alcuni casi animali). Nel tempo questo determina il progressivo ingombro di tutti gli spazi disponibili inclusi quelli vitali per cucinare, dormire, lavarsi determinando in ultimo l’impossibilità a svolgere le normali attività quotidiane. La gravità del comportamento di accumulo può essere valutata con differenti scale. Questo meccanismo determina un circolo vizioso con gravissimi impatti sulla persona ed i suoi familiari. La casa progressivamente non è più adatta a svolgere le sue funzioni, vi è una riduzione e talvolta un crollo del funzionamento lavorativo e sociale. Spesso sorgono problemi economici per le eccessive spese, i mancati guadagni o la mancata amministrazione dei propri beni. Vi è un progressivo isolamento ed anche i rapporti con i familiari diventano sempre più difficili, caratterizzati spesso da rabbia e vergogna. Si tratta quasi sempre di una spirale discendente che determina specie in età avanzata ulteriori problemi. La persona non accetta di far entrare nessuno nei propri ambienti per effettuare delle riparazioni, gli spazi si deteriorano ulteriormente con gravi problemi igienici, il materiale accumulato inoltre crea rischi di cadute e di incendio. Si determinano situazioni di conflittualità con il vicinato. (https://www.disposofobia.org/)

L’unico modo per uscirne è la terapia. Soltanto l’intervento di uno specialista del comportamento e, nei casi più gravi, l’assunzione di farmaci possono aiutare queste persone ad uscire da una situazione di gravissimo disagio e difficoltà, una situazione che rivela delle problematiche più profonde e di cui, forse, si potrebbe anche non essere consapevoli.
Si può uscire da questo inferno.
Maria Domenica Depalo