Oniomania o dipendenza dallo shopping

Dite la verità: anche voi passate ore ed ore in negozio o peggio sulle varie app a disposizione per dedicarvi allo shopping matto e disperatissimo?

pixabay.com

Anche voi difficilmente resistete alle borse e alle scarpe? Per non parlare dei libri che praticamente infiniti abitano a casa di noi bibliofili e che continuano ad aumentare di numero nonostante il proposito di controllare l’impulso ad acquistarne? Non preoccupatevi: è tutto normale.

pixabay.com

Ma cosa accade però quando la passione per lo shopping diventa un vero e proprio disagio psicologico, quando cominciamo ad comprare senza pensare se effettivamente ci serva quello che stiamo per acquistare perdendo letteralmente il controllo su ciò facciamo.
In tal caso parliamo di una dipendenza che  può celare delle mancanze profonde e che può portare ad incidere in modo negativo sulla propria esistenza nonché sulla vita di relazione oltre che sui risparmi.

pixabay.com

Questa dipendenza da shopping viene descritta agli inizi del ‘900 dallo psichiatra tedesco Emil Kraepelin che le attribuisce il nome  “oniomania”, dal greco onios, vendita e mania, fissazione.
Questo significa che ciò che acquistiamo non è solo un oggetto o un oggetto in sé ma qualcosa di più. La maglietta, le scarpe o la cover acquistano infatti un significato nuovo e rassicurante tale da compensare il proprio vuoto interiore o calmare un’ansia che altrimenti continuerebbe a perdurare.

pixabay.com

Sulla base dell’approccio psicodinamico, il comportamento compulsivo ha una funzione difensiva, serve a tenere lontano un conflitto interno, un dolore importante e una paura. Lo shopping, in questi casi, diventa un modo per anestetizzare emozioni scomode (https://www.psicologodibase.com/psicologia-e-territorio/384-come-smettere-di-comprare-compulsivamente.html) .

pixabay.com

Questo disagio che sembra colpire soprattutto le donne tra i 35 e i 40 anni, sembra mostrare i primi segnali in età adolescenziale.
Le cause alla base di questa mania possono essere molteplici, come ad esempio:
l’ansia patologica;
i disturbi dell’umore;
una bassa autostima;
disturbi del comportamento alimentare;
stati depressivi nonché ossessivo- compulsivi.

pixabay.com


Una volta identificato il problema, l’unica cosa da fare è ricorrere ad uno psicologo o ad uno psichiatra in grado di porre in atto terapie finalizzate a ridurre la coazione all’acquisto.
Esse possono portare ad una maggiore consapevolezza di sé e quindi conseguentemente all’apprendimento di tecniche in grado di combattere l’ansia e di controllare l’impulso di acquistare.
Per saperne di più cliccate sui link ma soprattutto rivolgetevi a professionisti seri e competenti.


Link: https://www.psicologodibase.com/psicologia-e-territorio/384-come-smettere-di-comprare-compulsivamente.html

https://psicoterapiascientifica.it/shopping-compulsivo-oniomania/

https://www.unobravo.com/post/oniomania-lo-shopping-compulsivo

Maria Domenica Depalo

Food and mood

Food and Mood

Per l’argomento di questo mese devo ringraziare un video della BBC che mi ha letteralmente ispirata. In questo video i due speaker parlano infatti del legame tra cibo (food) ed umore (mood) ed è proprio questo il tema dal quale partiremo per la nostra riflessione.

pixabay.com

In realtà già alla fine del diciannovesimo secolo gli studiosi William James e Carl Lange avevano ipotizzato un legame stretto ed imprescindibile tra il nostro cervello e le nostre viscere mostrando, se pur ancora in modo implicito, il legame tra emozioni forti ed intense, quali possono essere la rabbia e l’ansia ed il nostro apparato gastro-intestinale.

pixabay.com

Numerosi studi attuali sembrano confermare infatti questo strettissimo legame tra il nostro  benessere mentale ed il cibo che assumiamo tutti i giorni.
D’altronde noi non siamo organismi autotrofi, come le piante, e quindi per reperire l’energia che ci serve dobbiamo nutrirci. Tuttavia, cosa succede quando viene ad instaurarsi un legame sbagliato tra il nostro stato d’animo ed il cibo?

pixabay.com

Senza entrare nello specifico dei DCA (disturbi del comportamento alimentare), basti pensare a cosa succede quando siamo tristi, in ansia o persino fin troppo felici. Ci ritroviamo a mangiare fin troppo o addirittura nulla con importanti e spesso pericolose conseguenze sulla nostra salute.
Attenzione, ognuno di noi ha un comfort food e può capitare che talvolta ci si abbuffi per una delusione oppure che non si mangi per tristezza. Questo però non deve diventare un’abitudine ossessiva.

pixabay.com

Lo diventa però quando tutto questo sottintende un senso di smarrimento generale, un senso di vuoto e di inadeguatezza che va assolutamente colmato.
In che modo? Intanto guardandosi dentro ed imparando ad accettare le proprie fragilità e debolezze e rivolgendosi anche ad un professionista in casi più gravi.

pixabay.com

La consapevolezza di sé tuttavia è il primo passo per migliorare il proprio rapporto con ciò che si mangia e vivere al meglio la relazione tra il cibo, noi stessi e chi ci circonda.
Anche coltivare sogni e cercare stimoli nuovi può aiutare a sviluppare una relazione più sana tra il cibo e chi siamo.
Porsi degli obiettivi, guardare con maggiore ottimismo verso il futuro, non essere soli può influenzare ciò che sentiamo dentro e quindi, conseguentemente il nostro legame con il cibo.

restaurant
https://pixabay.com/photos/restaurant-people-eating-690975/

D’altronde osservare il modo in cui ci approcciamo ad esso e capire come ci sentiamo in quel momento può essere l’inizio di un nuovo modo di rivedere la nostra vita.
Maria Domenica Depalo
Per saperne di più:   https://www.menshealth.com/it/salute/benessere-psicofisico/a60801300/cibo-emozioni-relazione-alimentazione-umore/

https://www.fitosofia.com/cibo-umore-migliore/

https://fuoritempofuoriluogo.com/2019/09/09/il-cibo-come-strumento-di-relazione/

https://youtu.be/fG7dJ6A3l7w?si=JqO0i-iBVmM44VrF

Pensiero divergente e convergente

In che modo ci relazioniamo alla realtà che ci circonda e ai problemi nei quali ci imbattiamo inevitabilmente tutti i giorni?
Qual è l’approccio giusto? Ce n’è uno solo o più di uno?                                                         Attenzione: questa volta non parleremo dell’atteggiamento, che è fondamentale, ma proprio della tipologia di pensiero e capacità di cogliere le relazioni e di elaborare possibili soluzioni.
Parleremo di due tipologie di pensiero: quello divergente e quello convergente.

fonte: pixabay.com

Il primo in particolare corrisponde alla capacità di elaborare non una ma molteplici e altrettanto possibili e valide soluzioni dinanzi ad un problema. Non sempre tali soluzioni potranno apparire conformi ed usuali. Spesso anzi potranno apparire originali ed inaspettate.
Si tratta quindi di un pensiero strettamente connesso alla creatività. Ad occuparsene, nella fattispecie ed approfonditamente, fu Guilford.

pixabay.com


Siamo alla fine degli anni sessanta del novecento quando Guilford sottolinea la differenza tra il pensiero divergente e quello  convergente, il quale a sua volta propone un approccio ai problemi più “tradizionale”, comportante quindi la formulazione di una sola soluzione o risposta. La scelta di tale risposta specifica appare la più logica ed immediata, nonché quella  “più meritevole e conveniente da perseguire di fronte a un problema o questione. Il pensiero convergente è caratterizzato quindi  dalla capacità di produrre risposte basate sulle regole d’inferenza logica e di strategie e conoscenze precedentemente apprese”.(tratto da https://www.stateofmind.it/2024/02/pensiero-divergente/ )

pixabay.com


Spesso associato ad un pensiero strettamente lineare e logico, il pensiero convergente viene associato alle materie scientifiche, mentre quello divergente a modalità di espressione artistica ed originale.
La creatività permette di andare al di là di quei rigidi schemi mentali che spesso sembrano guidare il modo con cui ci interfacciamo con la realtà per darci un nuovo modo di vedere le cose.
Attenzione: il pensiero divergente non è migliore di quello convergente e viceversa. Entrambi possono aiutarci, se pur in maniera diversa, nella risoluzione di alcune situazioni.
D’altronde il pensiero convergente ci mostra una via “sicura”, che rimane assolutamente preziosa.
I due tipi di pensiero si mostrano a noi nella loro complementarietà, pur mantenendo la loro specificità, e non ne possiamo fare a meno.
La scelta di un approccio dipende fondamentalmente dal nostro modo di voler affrontare dei problemi e, ovviamente, dalla situazione.

pixabay.com


Valorizzare la creatività ed il pensiero divergente appare importante perché soltanto dalla possibilità di scegliere quale pensiero utilizzare può dipendere la nostra capacità di risolvere, in un modo a noi favorevole, questioni in cui potremmo imbatterci.
“Il problema è stato che fino ad adesso, nell’apprendimento e nella scuola, si è dato quasi totalmente spazio al pensiero convergente, senza considerare forme di “apprendimento divergente”, e anzi, in molte caso, non valorizzando i soggetti che sembravano possedere naturalmente un’atteggiamento “divergente””. (tratto da https://www.guidapsicologi.it/articoli/creativita-e-pensiero-divergente)
Maria Domenica Depalo

Riscopriamo la scrittura

Riscopriamo la scrittura

La scuola ha ripreso il suo cammino e con essa sono ricominciate  anche le problematiche e le frenesie legate ai compiti, allo studio e alla vita di classe. Tuttavia quest’ultima non corrisponde soltanto ad un seguire in modo passivo le lezioni o ad un immergersi forsennato in pagine e pagine da leggere e imparare fedelmente: è qualcosa di più complesso.  È il luogo in cui acquisire strategie e modalità di socializzazione ma anche di apprendimento utili anche al di fuori della vita tra i banchi.

Ed una di queste modalità è la scrittura. Rispettare le righe e le lettere nella loro forma e dimensioni ma anche differenze però non è mai semplice. Tuttavia è necessario.

Ma andiamo per gradi.

Partiamo dalla realtà ipertecnologica nella quale siamo immersi. Appare evidente come l’uso dei dispositivi elettronici oltre ad incidere in maniera significativa sulle capacità relazionali dei ragazzi ( e non solo ma ne parleremo più avanti) influenzi le modalità di prendere appunti ma soprattutto incida sulle funzioni cerebrali.

Registrazioni, foto e PDF fanno sempre più da padroni ed è sempre più raro vedere qualcuno prendere appunti a mano. Peccato, perché scrivere a mano produce effetti benefici sull’acquisizione e sulla permanenza delle informazioni nella nostra memoria.

In particolare scrivere a mano contribuisce in maniera positiva sullo sviluppo cognitivo dei bambini e sull’acquisizione di competenze significative per l’evoluzione in toto.

Virginia Berninger, a professor of educational psychology at the University of Washington and the lead author on the study, told […] that “handwriting — forming letters — engages the mind, and that can help children pay attention to written language.” (tratto da https://archive.nytimes.com/well.blogs.nytimes.com/2016/06/20/why-handwriting-is-still-essential-in-the-keyboard-age/ )

Come emerge dal trafiletto, la docente Virginia Berninger, esperta di psicologia dell’educazione presso l’Università di Washington sottolinea ancora come la scrittura a mano – la formazione di lettere – coinvolga la mente e come questo possa aiutare i bambini a prestare attenzione al linguaggio scritto. (traduzione e rielaborazione del brano)

D’altronde l’apprendimento è un «complicato processo cerebrale» che mette insieme l’udito e la vista, con «l’apporto fondamentale delle operazioni della mano», afferma il professore Sabadini. (https://scuoladivita.corriere.it/2017/10/06/carta-e-penna-limportanza-della-scrittura/)

Avete mai fatto caso al fatto che quando scriviamo a mano, ricordiamo meglio? Fateci caso. Provate a scrivere la lista della spesa su un foglio di carta e poi a ripeterla a memoria qualche ora dopo. La ricorderete meglio rispetto ad un elenco scritto sul cellulare. Questo si spiega con il fatto che scrivere a mano richiede un’attenzione ai particolari, alle parole e alle lettere che altrimenti verrebbe trascurata.

Scrivere incide anche in maniera significativa sulla permanenza delle informazioni in memoria. Quando ad esempio impariamo una lingua straniera oppure apprendiamo la dimostrazione di un teorema matematico, trascrivere su foglio (anche più volte) contribuisce all’apprendimento.

Concludiamo queste riflessioni con le parole di una delle mie autrici preferite. Maestra elementare, donna estremamente sensibile ma concreta, Susanna Tamaro ha fatto sua la battaglia per il ritorno alla scrittura: Gli scrittori stanno diventando inutili, è la fine di un mondo. Però penso che tra i giovani nascerà il bisogno di parole vere, attraverso le quali conoscere la realtà: allora sarà una rinascita. […]Mi sembra che oggi siamo sommeC’è da fare un bel lavoro nelle scuole, bisogna tornare all’alfabetizzazione […]Essendo anche maestra elementare, è una mia battaglia: tornare a scrivere a mano. Io stessa scrivo a mano i libri. Purtroppo i giovani non hanno più fisicità, stanno quasi sempre seduti, immobili”, ha aggiunto con amarezza (tratto da https://www.tecnicadellascuola.it/susanna-tamaro-ce-da-fare-un-bel-lavoro-nelle-scuole-bisogna-tornare-allalfabetizzazione-a-scrivere-a-mano ).

E voi scrivete a mano?

Maria Domenica Depalo

P.S. fonte delle immagini pixabay.com

Chi sta salvando il mondo?

Chi sta salvando il mondo?

«Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire. Chi è contento che sulla terra esista la musica. Chi scopre con piacere una etimologia. Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi. Il ceramista che premedita un colore e una forma. Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace. Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto. Chi accarezza un animale addormentato. Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto. Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson. Chi preferisce che abbiano ragione gli altri. Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo

(Jorge Luis Borges – I giusti)

Jorge Luis Borges (fonte immagine: Wikipedia)

Credo che le parole di Borges siano sufficientemente esaustive e che non sia necessario parafrasarne il pensiero.        Tuttavia esse meritano una riflessione: stiamo davvero salvando il mondo oppure, chiusi nel nostro individualismo ed egoismo, semplicemente ignoriamo l’altro?

pixabay.com

In che misura la nostra persona, nella relazione con sé stessa e con gli altri, incide sullo scorrere dell’esistenza altrui e della salvezza della realtà che condivide?

Credete (crediamo) davvero che la nostra stessa persona possa influenzare la vita altrui salvandola? Oppure è solo un’illusione?

pixabay.com

Cosa ci salverà? La presenza reale oppure l’assenza camuffata da ipocrita attenzione?

I tipi umani mostrati dal filosofo argentino sono una rappresentazione di una chiusura nel proprio mondo personale oppure una manifestazione di una forma di rispetto che è accettazione dell’altro e del suo esistere? “Ignorare” il prossimo nella sua diversità può essere un modo per salvare tutti noi?

pixabay.com

Cosa ne pensate? Scrivetelo nei commenti.

Maria Domenica Depalo

Tempo per sé

Tempo per sé

Dedicare del tempo a sé stessi diventa ogni giorno più difficile. Casa, lavoro, figli, aspettative, orari, appuntamenti sembrano susseguirsi incessantemente e velocemente senza volerci fare prendere fiato.

Eppure tempo per noi c’è…dicono. In realtà dobbiamo combattere giorno per giorno per riuscire a ritagliarci quei minuti ed attimi preziosi che meritiamo e a cui abbiamo diritto ma di cui spesso ci dimentichiamo.

Dedicare le giuste e dovute attenzioni alla nostra persona sembra davvero difficile ma abbiamo il dovere sacrosanto ed imprescindibile di farlo.

Dedicandoci del tempo che sia fruttuoso, ricco ed efficace potremo ottenere ciò che ci spetta e quindi anche relazionarci con gli altri in maniera giusta e sana.

Diciamoci la verità: spesso e volentieri ci sentiamo sopraffatti e schiacciati da mansioni e compiti necessari ma di cui faremmo volentieri a meno. Quante volte vorremmo buttare tutto all’aria e fuggire, trasferendoci in un’altra località e quante volte guardiamo con invidia in direzione di chi, apparentemente, sembra non avere alcun problema o pensiero.

Ricordate: già gli antichi Romani distinguevano il negotium dall’otium, vale a dire l’operosità e l’impegno, anche e soprattutto politico, da una forma di ozio che non andava identificato con il “dolce far niente” ma con una pausa che era intellettuale e mentale, un intervallo dagli impegni finalizzata a ritemprare il proprio spirito per ricominciare più carichi che mai.

Ovviamente l’otium era una prerogativa esclusiva per i nobili e patrizi. Ai plebei ed agli schiavi tale momento era precluso.

Noi però non siamo né schiavi né plebei e  quindi  possiamo e dobbiamo destinare alla nostra persona i giusti tempi e spazi. Ma cosa potremmo fare?

Ecco alcuni suggerimenti:

-fare delle passeggiate nel parco o sulla spiaggia, tempo permettendo;

-uscire con gli amici o parlare con loro al telefono se non vi piace interagire di persona con il prossimo;

-ascoltare la musica o suonare uno strumento (dovete chiaramente essere in grado di trovare il tempo se vi appassiona la musica);

-leggere un libro;

-FARE QUELLO CHE CI PARE.

E voi in che modo vi dedicate a voi stessi, cercando di sfuggire al tram tram quotidiano?

Scrivetelo nei commenti.

Maria Domenica Depalo

L’inganno dell’adulatore

L’inganno dell’adulatore

Non c’è niente di più ignobile di un adulatore. Perché? Perché davanti a lui si è indifesi. Non si può accondiscendere senza essere ridicoli a ciò che blatera in vostro favore, ma non si può nemmeno redarguirlo e voltargli le spalle. Ci si comporta scioccamente come se si fosse contenti delle sue esagerazioni. Lui crede di avervi messo nel sacco, e assapora la sua vittoria senza che possiate disingannarlo. Che cosa ignobile!

EMIL CIORAN, Quaderni, 1957/72 (postumo).

Le parole di Cioran ci inducono a riflettere sull’inganno dell’adulazione. Quanto pesano sulla nostra individualità quelle parole che nascono solo per prenderci in giro, parole vacue perché adornate di un significanza vuota e falsa?

Vi è mai capitato di imbattervi in una persona che ha cercato di “comprarvi” con falsi complimenti?

Come vi relazionate con gli adulatori? Quanto vi influenzano?

Link:

https://www.libriantichionline.com/divagazioni/emil_cioran_ignobile_adulatore

Educare vuol dire togliere

Educare vuol dire togliere.

Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia.
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima.
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”.
Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare.
Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare. 🌷

Paolo Crepet

Oggi partiamo dalle parole dello psichiatria Paolo Crepet per riflettere sul ruolo dei genitori nel processo di crescita e determinazione della personalità dei figli.

Quanto incide la presenza della figura genitoriale? Sicuramente tantissimo, è evidente. Ma quale è il suo peso effettivo sullo sviluppo dell’individualità ed autonomia personale del figlio?

Direi di iniziare partendo dal ruolo accudente ed accogliente del genitore che, ovviamente sin dalle prime fasi della vita del bambino, cambia radicalmente la propri esistenza dandole un indirizzo diverso e nuovo, finalizzato alla realizzazione del benessere della prole.

Ma qual è il significato più corretto e rispondente al vero attribuibile al concetto di “benessere della prole”? Soddisfare attivamente tutte le sue esigenze o altro?

Certamente tra le esigenze rientrano le necessità di affetto e sicurezza oltre che i bisogni biologici, fisiologici ed alimentari. Ma contribuire alla sviluppo della curiosità e dello sforzo teso alla realizzazione individuale può essere ascritto al concetto di benessere del figlio da soddisfare?

Correre come forsennati per evitare che il proprio figlio senta il senso di frustrazione legato all’impossibilità di ottenere ciò che desidera ha senso nel momento in cui lo stesso deve imparare a convivere con il senso della necessità e del desiderio e quindi con lo sviluppo naturale delle capacità di soddisfarlo attraverso la ricerca e l’azione?

Quale deve essere il fine primario dei genitori? Rendere i figli autonomi ed indipendenti o automi da imbeccare in eterno come fossero dei pulcini?

Maria Domenica Depalo

L’importanza dello sport

L’importanza dello sport

Contribuisce al buon umore, aiuta a prevenire obesità e malattie ed è un modo di approcciarsi alla vita in modo positivo e propositivo. Di cosa parliamo? Ma dello sport.

Piccola premessa: non amo palestre ed esercizi ma se c’è qualcosa a cui non posso rinunciare e di cui non posso fare a meno è la mia bella passeggiata quotidiana a passo veloce. Non importa che faccia caldo o freddo ma ogni giorno ho un appuntamento fisso con i miei diecimila passi (almeno diecimila). Ed è questa la mia piccola dose quotidiana di sport.

https://pixabay.com

Essere sempre in movimento e praticare attività sportiva a qualsiasi livello, a qualsiasi età ma ovviamente tenendo conto delle proprie caratteristiche e peculiarità, permette di tenere a bada il sovrappeso, l’insorgere delle malattie e l’arrivo del malumore e della noia.

L’attività fisica, soprattutto per bambini e adolescenti – spiega la dottoressa Giulia Cafiero, Medicina dello sport Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – ha importantissimi risvolti, in termini di salute, a livello organico e psicologico. È fondamentale incominciare fin da piccolissimi, permettendo al bambino di sperimentare lo spazio intorno sé. In questo modo sarà portato a muoversi, coordinarsi e a conoscere l’ambiente che lo circonda. Nelle varie fasi di accrescimento miglioreranno i gesti tecnici del bambino e si modificherà la proposta che noi adulti possiamo proporre loro, ma iniziare precocemente resta essenziale. Addirittura molti studi incentivano l’attività fisica delle mamme durante la gravidanza, in modo tale che il nascituro possa trarne beneficio ( tratto da https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/pediatria/attivita-fisica-tutti-i-benefici-per-bambini-e-adolescenti).

https://pixabay.com

Il 3 novembre 2021 sono state approvate le nuove Linee guida  di indirizzo 2021 del Ministero della Salute aventi l’intento di promuovere, supportare e diffondere l’amore per lo sport e questo per salvaguardare la salute di tutti, dai bambini più piccoli alle persone più anziane.

Cerchiamo pertanto di concentrarci sui vantaggi psicologici connessi all’attività sportiva. Essa contribuisce infatti all’evoluzione e sviluppo cognitivo ma anche a quello affettivo – relazionale e sociale determinando un rafforzamento della socialità e un miglioramento della propria autostima.  Tuttavia…

https://pixabay.com

L’adolescenza è il periodo in cui si verifica il più alto tasso di drop out sportivo, fenomeno che consiste nell’abbandono dell’attività sportiva. Le cause che inducono a non praticare nessuno sport sono principalmente il carico di compiti, la difficoltà a conciliare non solo sport e scuola, ma anche sport e amicizie e, più in generale, sport e attività extra scolastiche. Tuttavia, va considerato che l’adolescenza è un periodo di grande fragilità per i ragazzi: abbandonare uno sport al quale non sono riusciti ad appassionarsi spesso rappresenta un campanello di allarme che indica un disagio un po’ più importante, magari l’inizio di una depressione giovanile. L’abbandono in età adolescenziale ci deve far riflettere e indagare eventuali cause più profonde (tratto da https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/pediatria/attivita-fisica-tutti-i-benefici-per-bambini-e-adolescenti).

https://pixabay.com

Non ci resta quindi che scegliere con quale sport iniziare, senza strafare ma avendo ben chiaro il nostro obiettivo principale che quello di stare bene. Non bisogna poi assolutamente dimenticare di rivolgerci a chi ne sa più e che è in grado di consigliarci sullo sport più adatto a noi e alle nostre esigenze. Parliamo ovviamente di istruttori ma anche e soprattutto  del nostro medico che, conoscendoci, saprà indirizzarci verso l’attività più adatta.

E voi quale sport praticate o vorreste praticare?

Maria Domenica Depalo

L’amicizia spiegata da Seneca

L’AMICIZIA SPIEGATA DA SENECA


Chi è diventato amico per convenienza, per convenienza finirà di esserlo. Chi si è procurato un amico perché lo aiutasse nella malasorte: non appena ci sarà rumore di catene, costui sparirà. Sono le amicizie cosiddette opportunistiche: un’amicizia fatta per interesse sarà gradita finché sarà utile.
Così se uno ha successo, lo circonda una folla di amici, mentre rimane solo se cade in disgrazia: gli amici fuggono al momento della prova; per questo ci sono tanti esempi infami di persone che abbandonano l’amico per paura, e di altre che per paura lo tradiscono.
L’amicizia invece somiglia un po’ all’amore. Si ama forse per denaro? Per ambizione o per desiderio di gloria? L’amore di per sé trascura tutto il resto e accende negli animi un desiderio di bellezza e la speranza di un mutuo affetto. Ma come ci si accosta ad essa? Come a un sentimento bellissimo, non per lucro, né per timore dell’instabilità della sorte; se uno stringe amicizia per opportunismo le toglie la sua grandezza.

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio

Cos’è un amico? Un semplice compagno di giochi per i bambini o di bevute e follie per chi è adulto oppure non solo un compagno di giochi, bevute e follie ma qualcosa di più?

da pixabay.com

Quante volte un amico ci ha letteralmente salvato la vita ascoltando le nostre ansie, paure, ossessioni e sogni abbracciandoci o bacchettandoci.

Che valore diamo all’amicizia? Transeunte e temporaneo oppure stabile e definitivo? Siamo mai stati amici per opportunismo e convenienza? I nostri rapporti sono sempre stati improntati sulla limpidezza, onestà e trasparenza?

Riflettiamo un attimo sulle parole di Seneca e domandiamoci se il valore che attribuiamo alle persone che definiamo amiche sia specchio del valore che noi diamo a noi stessi.

Ma soprattutto il valore che attribuiamo a chi ci circonda è legato al grado di amicizia che si viene ad instaurare? È qualcosa che può prescindere da esso?

Maria Domenica Depalo