Giorno del ricordo

Giorno del ricordo

In occasione di questo giorno, riproponiamo l’articolo pubblicato su freewordsmagazine.

Oggi 10 febbraio ricordiamo i martiri innocenti delle foibe della Venezia Giulia e della Dalmazia, uccisi dai partigiani jugoslavi e dai membri dell’OZNA (una sezione dei servizi segreti slavi) durante la seconda guerra mondiale.

Moltissime persone, colpevoli solo di essere italiane, venivano legate e buttate nelle foibe, profondissime cavità carsiche tipiche della geografia di quel territorio. Molte di loro, per sfuggire alle persecuzioni, fuggirono emigrando in massa dai territori slavi prima appartenenti al Regno d’Italia, occupati quindi dal maresciallo Tito e successivamente annessi alla Jugoslavia.

Di Dans – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45853747

Portiamo alla memoria questa pagina drammatica della nostra storia attraverso le parole di un testimone diretto perché non accada mai più che un popolo perseguiti un altro macchiandosi di un orrore senza tempo e senza parole sufficienti a descriverne la portata.

“Fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia. Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 k. Fummo sospinti verso l’orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c’impose di seguirne l’esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa 10 m. e una profondità di 15 sino la superficie dell’acqua che stagnava sul fondo. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole “un’altra volta li butteremo di qua, è più comodo”, pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott’acqua schiacciandomi con la pressione dell’aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo”.
Roberto Spazzali e Raoul Pupo, Foibe

Link:

https://it.wikipedia.org/wiki/Massacri_delle_foibe

Maria Domenica Depalo

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