Parole su carta: recensione di L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón

Suggestione e magia delle parole, intensità della trama e bellezza della narrazione sono soltanto alcune delle caratteristiche più lampanti di “L’ombra del vento” dello scrittore e sceneggiatore spagnolo Carlos Ruiz Zafón, morto nel 2020. Parte di una tetralogia che inizia con “L’ombra del vento” (2002), per seguire poi con “Il gioco dell’angelo” (2008), quindi con “Il prigioniero del cielo” (2011) ed infine con “Il labirinto degli spiriti”(2016), narra le vicende di Daniel, il protagonista, che si svolgono in una Barcellona bellissima, misteriosa e disperata.

Carlos Ruiz Zafón

Una lettura iniziata per caso ma che poi mi ha letteralmente catturata, il romanzo di Zafón narra una storia della quale non si potrà più fare a meno.
Iniziata come scoperta e ricerca di un libro e del suo autore misterioso, la vicenda si sviluppa e si snoda in una Spagna dominata dalla violenza e dalla paura ma allo stesso tempo tempio di un amore disperato e senza fine.

Siamo nella Barcellona di un lontano 1945 quando il piccolo Daniel, orfano di madre, viene accompagnato dal padre in quel luogo ricco di suggestione che è il “Cimitero dei libri dimenticati”. Questo luogo accoglie e preserva dall’oblio libri altrimenti destinati alla dimenticanza eterna.

Photo by Caio on Pexels.com

Proprio qui Daniel sceglierà il libro di Julian Carax, intitolato “L’ombra del vento”, restandone incantato per la trama e la misteriosità della storia.
La scoperta di questo libro porterà con sé una serie di conseguenze terribili ed inquietanti, come morti, sparizioni e violenze ma anche amori assurdi e bellissimi, capaci di superare il tempo e lo spazio.


Pubblicato in Spagna nel 2001, L’ombra del vento è ormai un vero e proprio best seller assolutamente da leggere e vivere nella ricchezza della sua narrazione.
Ne auguro la lettura a tutti.
Maria Domenica Depalo

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