Oniomania o dipendenza dallo shopping

Dite la verità: anche voi passate ore ed ore in negozio o peggio sulle varie app a disposizione per dedicarvi allo shopping matto e disperatissimo?

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Anche voi difficilmente resistete alle borse e alle scarpe? Per non parlare dei libri che praticamente infiniti abitano a casa di noi bibliofili e che continuano ad aumentare di numero nonostante il proposito di controllare l’impulso ad acquistarne? Non preoccupatevi: è tutto normale.

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Ma cosa accade però quando la passione per lo shopping diventa un vero e proprio disagio psicologico, quando cominciamo ad comprare senza pensare se effettivamente ci serva quello che stiamo per acquistare perdendo letteralmente il controllo su ciò facciamo.
In tal caso parliamo di una dipendenza che  può celare delle mancanze profonde e che può portare ad incidere in modo negativo sulla propria esistenza nonché sulla vita di relazione oltre che sui risparmi.

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Questa dipendenza da shopping viene descritta agli inizi del ‘900 dallo psichiatra tedesco Emil Kraepelin che le attribuisce il nome  “oniomania”, dal greco onios, vendita e mania, fissazione.
Questo significa che ciò che acquistiamo non è solo un oggetto o un oggetto in sé ma qualcosa di più. La maglietta, le scarpe o la cover acquistano infatti un significato nuovo e rassicurante tale da compensare il proprio vuoto interiore o calmare un’ansia che altrimenti continuerebbe a perdurare.

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Sulla base dell’approccio psicodinamico, il comportamento compulsivo ha una funzione difensiva, serve a tenere lontano un conflitto interno, un dolore importante e una paura. Lo shopping, in questi casi, diventa un modo per anestetizzare emozioni scomode (https://www.psicologodibase.com/psicologia-e-territorio/384-come-smettere-di-comprare-compulsivamente.html) .

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Questo disagio che sembra colpire soprattutto le donne tra i 35 e i 40 anni, sembra mostrare i primi segnali in età adolescenziale.
Le cause alla base di questa mania possono essere molteplici, come ad esempio:
l’ansia patologica;
i disturbi dell’umore;
una bassa autostima;
disturbi del comportamento alimentare;
stati depressivi nonché ossessivo- compulsivi.

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Una volta identificato il problema, l’unica cosa da fare è ricorrere ad uno psicologo o ad uno psichiatra in grado di porre in atto terapie finalizzate a ridurre la coazione all’acquisto.
Esse possono portare ad una maggiore consapevolezza di sé e quindi conseguentemente all’apprendimento di tecniche in grado di combattere l’ansia e di controllare l’impulso di acquistare.
Per saperne di più cliccate sui link ma soprattutto rivolgetevi a professionisti seri e competenti.


Link: https://www.psicologodibase.com/psicologia-e-territorio/384-come-smettere-di-comprare-compulsivamente.html

https://psicoterapiascientifica.it/shopping-compulsivo-oniomania/

https://www.unobravo.com/post/oniomania-lo-shopping-compulsivo

Maria Domenica Depalo

Food and mood

Food and Mood

Per l’argomento di questo mese devo ringraziare un video della BBC che mi ha letteralmente ispirata. In questo video i due speaker parlano infatti del legame tra cibo (food) ed umore (mood) ed è proprio questo il tema dal quale partiremo per la nostra riflessione.

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In realtà già alla fine del diciannovesimo secolo gli studiosi William James e Carl Lange avevano ipotizzato un legame stretto ed imprescindibile tra il nostro cervello e le nostre viscere mostrando, se pur ancora in modo implicito, il legame tra emozioni forti ed intense, quali possono essere la rabbia e l’ansia ed il nostro apparato gastro-intestinale.

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Numerosi studi attuali sembrano confermare infatti questo strettissimo legame tra il nostro  benessere mentale ed il cibo che assumiamo tutti i giorni.
D’altronde noi non siamo organismi autotrofi, come le piante, e quindi per reperire l’energia che ci serve dobbiamo nutrirci. Tuttavia, cosa succede quando viene ad instaurarsi un legame sbagliato tra il nostro stato d’animo ed il cibo?

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Senza entrare nello specifico dei DCA (disturbi del comportamento alimentare), basti pensare a cosa succede quando siamo tristi, in ansia o persino fin troppo felici. Ci ritroviamo a mangiare fin troppo o addirittura nulla con importanti e spesso pericolose conseguenze sulla nostra salute.
Attenzione, ognuno di noi ha un comfort food e può capitare che talvolta ci si abbuffi per una delusione oppure che non si mangi per tristezza. Questo però non deve diventare un’abitudine ossessiva.

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Lo diventa però quando tutto questo sottintende un senso di smarrimento generale, un senso di vuoto e di inadeguatezza che va assolutamente colmato.
In che modo? Intanto guardandosi dentro ed imparando ad accettare le proprie fragilità e debolezze e rivolgendosi anche ad un professionista in casi più gravi.

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La consapevolezza di sé tuttavia è il primo passo per migliorare il proprio rapporto con ciò che si mangia e vivere al meglio la relazione tra il cibo, noi stessi e chi ci circonda.
Anche coltivare sogni e cercare stimoli nuovi può aiutare a sviluppare una relazione più sana tra il cibo e chi siamo.
Porsi degli obiettivi, guardare con maggiore ottimismo verso il futuro, non essere soli può influenzare ciò che sentiamo dentro e quindi, conseguentemente il nostro legame con il cibo.

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D’altronde osservare il modo in cui ci approcciamo ad esso e capire come ci sentiamo in quel momento può essere l’inizio di un nuovo modo di rivedere la nostra vita.
Maria Domenica Depalo
Per saperne di più:   https://www.menshealth.com/it/salute/benessere-psicofisico/a60801300/cibo-emozioni-relazione-alimentazione-umore/

https://www.fitosofia.com/cibo-umore-migliore/

https://fuoritempofuoriluogo.com/2019/09/09/il-cibo-come-strumento-di-relazione/

https://youtu.be/fG7dJ6A3l7w?si=JqO0i-iBVmM44VrF

Pensiero divergente e convergente

In che modo ci relazioniamo alla realtà che ci circonda e ai problemi nei quali ci imbattiamo inevitabilmente tutti i giorni?
Qual è l’approccio giusto? Ce n’è uno solo o più di uno?                                                         Attenzione: questa volta non parleremo dell’atteggiamento, che è fondamentale, ma proprio della tipologia di pensiero e capacità di cogliere le relazioni e di elaborare possibili soluzioni.
Parleremo di due tipologie di pensiero: quello divergente e quello convergente.

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Il primo in particolare corrisponde alla capacità di elaborare non una ma molteplici e altrettanto possibili e valide soluzioni dinanzi ad un problema. Non sempre tali soluzioni potranno apparire conformi ed usuali. Spesso anzi potranno apparire originali ed inaspettate.
Si tratta quindi di un pensiero strettamente connesso alla creatività. Ad occuparsene, nella fattispecie ed approfonditamente, fu Guilford.

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Siamo alla fine degli anni sessanta del novecento quando Guilford sottolinea la differenza tra il pensiero divergente e quello  convergente, il quale a sua volta propone un approccio ai problemi più “tradizionale”, comportante quindi la formulazione di una sola soluzione o risposta. La scelta di tale risposta specifica appare la più logica ed immediata, nonché quella  “più meritevole e conveniente da perseguire di fronte a un problema o questione. Il pensiero convergente è caratterizzato quindi  dalla capacità di produrre risposte basate sulle regole d’inferenza logica e di strategie e conoscenze precedentemente apprese”.(tratto da https://www.stateofmind.it/2024/02/pensiero-divergente/ )

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Spesso associato ad un pensiero strettamente lineare e logico, il pensiero convergente viene associato alle materie scientifiche, mentre quello divergente a modalità di espressione artistica ed originale.
La creatività permette di andare al di là di quei rigidi schemi mentali che spesso sembrano guidare il modo con cui ci interfacciamo con la realtà per darci un nuovo modo di vedere le cose.
Attenzione: il pensiero divergente non è migliore di quello convergente e viceversa. Entrambi possono aiutarci, se pur in maniera diversa, nella risoluzione di alcune situazioni.
D’altronde il pensiero convergente ci mostra una via “sicura”, che rimane assolutamente preziosa.
I due tipi di pensiero si mostrano a noi nella loro complementarietà, pur mantenendo la loro specificità, e non ne possiamo fare a meno.
La scelta di un approccio dipende fondamentalmente dal nostro modo di voler affrontare dei problemi e, ovviamente, dalla situazione.

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Valorizzare la creatività ed il pensiero divergente appare importante perché soltanto dalla possibilità di scegliere quale pensiero utilizzare può dipendere la nostra capacità di risolvere, in un modo a noi favorevole, questioni in cui potremmo imbatterci.
“Il problema è stato che fino ad adesso, nell’apprendimento e nella scuola, si è dato quasi totalmente spazio al pensiero convergente, senza considerare forme di “apprendimento divergente”, e anzi, in molte caso, non valorizzando i soggetti che sembravano possedere naturalmente un’atteggiamento “divergente””. (tratto da https://www.guidapsicologi.it/articoli/creativita-e-pensiero-divergente)
Maria Domenica Depalo

L’importanza dello sport

L’importanza dello sport

Contribuisce al buon umore, aiuta a prevenire obesità e malattie ed è un modo di approcciarsi alla vita in modo positivo e propositivo. Di cosa parliamo? Ma dello sport.

Piccola premessa: non amo palestre ed esercizi ma se c’è qualcosa a cui non posso rinunciare e di cui non posso fare a meno è la mia bella passeggiata quotidiana a passo veloce. Non importa che faccia caldo o freddo ma ogni giorno ho un appuntamento fisso con i miei diecimila passi (almeno diecimila). Ed è questa la mia piccola dose quotidiana di sport.

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Essere sempre in movimento e praticare attività sportiva a qualsiasi livello, a qualsiasi età ma ovviamente tenendo conto delle proprie caratteristiche e peculiarità, permette di tenere a bada il sovrappeso, l’insorgere delle malattie e l’arrivo del malumore e della noia.

L’attività fisica, soprattutto per bambini e adolescenti – spiega la dottoressa Giulia Cafiero, Medicina dello sport Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – ha importantissimi risvolti, in termini di salute, a livello organico e psicologico. È fondamentale incominciare fin da piccolissimi, permettendo al bambino di sperimentare lo spazio intorno sé. In questo modo sarà portato a muoversi, coordinarsi e a conoscere l’ambiente che lo circonda. Nelle varie fasi di accrescimento miglioreranno i gesti tecnici del bambino e si modificherà la proposta che noi adulti possiamo proporre loro, ma iniziare precocemente resta essenziale. Addirittura molti studi incentivano l’attività fisica delle mamme durante la gravidanza, in modo tale che il nascituro possa trarne beneficio ( tratto da https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/pediatria/attivita-fisica-tutti-i-benefici-per-bambini-e-adolescenti).

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Il 3 novembre 2021 sono state approvate le nuove Linee guida  di indirizzo 2021 del Ministero della Salute aventi l’intento di promuovere, supportare e diffondere l’amore per lo sport e questo per salvaguardare la salute di tutti, dai bambini più piccoli alle persone più anziane.

Cerchiamo pertanto di concentrarci sui vantaggi psicologici connessi all’attività sportiva. Essa contribuisce infatti all’evoluzione e sviluppo cognitivo ma anche a quello affettivo – relazionale e sociale determinando un rafforzamento della socialità e un miglioramento della propria autostima.  Tuttavia…

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L’adolescenza è il periodo in cui si verifica il più alto tasso di drop out sportivo, fenomeno che consiste nell’abbandono dell’attività sportiva. Le cause che inducono a non praticare nessuno sport sono principalmente il carico di compiti, la difficoltà a conciliare non solo sport e scuola, ma anche sport e amicizie e, più in generale, sport e attività extra scolastiche. Tuttavia, va considerato che l’adolescenza è un periodo di grande fragilità per i ragazzi: abbandonare uno sport al quale non sono riusciti ad appassionarsi spesso rappresenta un campanello di allarme che indica un disagio un po’ più importante, magari l’inizio di una depressione giovanile. L’abbandono in età adolescenziale ci deve far riflettere e indagare eventuali cause più profonde (tratto da https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/pediatria/attivita-fisica-tutti-i-benefici-per-bambini-e-adolescenti).

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Non ci resta quindi che scegliere con quale sport iniziare, senza strafare ma avendo ben chiaro il nostro obiettivo principale che quello di stare bene. Non bisogna poi assolutamente dimenticare di rivolgerci a chi ne sa più e che è in grado di consigliarci sullo sport più adatto a noi e alle nostre esigenze. Parliamo ovviamente di istruttori ma anche e soprattutto  del nostro medico che, conoscendoci, saprà indirizzarci verso l’attività più adatta.

E voi quale sport praticate o vorreste praticare?

Maria Domenica Depalo

In fondo non è poi così urgente: l’arte della procrastinazione.

“In fondo non è poi così urgente…questa cosa può attendere. Non c’è fretta”.

Quante volte ci capita di progettare, organizzare e decidere di fare qualcosa ma poi, all’improvviso, rimandiamo accampando le scuse più varie ed assurde e pronunciando tali frasi.

“Ho deciso che da domani farò ogni giorno una corsa al parco ma mi sa che dovrò rimandare l’attività fisica alla prossima settimana… Il colonnello ha detto che pioverà” .

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Ci siamo però mai chiesti il motivo reale per il quale agiamo in questo modo? Perché procrastiniamo?

Intanto cerchiamo di conoscere l’etimologia del lemma “procrastinare“. Esso deriva dalle parole latine pro (a vantaggio di) e dall’aggettivo di prima classe crastinus (di domani/del futuro). Eccone quindi spiegata l’intima natura. Legata ad uno spostare ideale ed immaginario in avanti ed in direzione di un indefinito futuro, la procrastinazione rimanda la realizzazione di un progetto.

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Ma si tratta davvero solo di un rimandare a tempi più favorevoli o forse è solo un modo per evitare ciò che avremmo dovuto fare? Attraverso l’atto stesso di “spostare”, celiamo soltanto la nostra pigrizia ed indolenza?

E nel frattempo ci dedichiamo ad altro. Ma questo “altro” è davvero così urgente e necessario o più semplicemente è un alibi che ci aiuta a nascondere le nostre paure ed emozioni più recondite, celate in quello che non abbiamo portato a termine?

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In un interessante articolo, letto tempo addietro e che vi indicherò in basso, viene posto l’accento su alcune delle cause più comuni della procrastinazione. Io però mi soffermerò soltanto su una di esse: la paura del successo.


[…]rimandi per il timore delle conseguenze che possono avere i tuoi successi, ad esempio sul lavoro. Dal momento in cui ti riesce bene una cosa, di riflesso aumenteranno anche le aspettative che gli altri ripongono su di te (ma anche quelle che ti crei tu). Per questo piuttosto che affrontare la situazione, preferisci tirarti indietro e posticipare l’impegno a chissà quando. (da http://www.riza.it. Vedi link in basso per ulteriori informazioni e curiosità)

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Paradossalmente sono le aspettative a spaventarci, quelle degli altri ma soprattutto le nostre. Abbiamo paura dei nostri stessi sogni e di quello che potrebbero comportare.

Il sogno d’altronde rimanda all’ineffabile, a qualcosa da inseguire e raggiungere. Ma questo non sempre è possibile. Ragion per cui tendiamo a tenere lontano da noi possibili delusioni e sconfitte allontanando i nostri progetti.

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Procrastiniamo per non realizzare ma soprattutto per paura di ciò che sentiamo o che potremmo percepire.

E voi cosa ne pensate?

Link:

https://www.riza.it/psicologia/l-aiuto-pratico/7723/lo-faccio-domani-procrastinare-come-stile-di-vita.html

https://www.dizionario-latino.com/dizionario-latino-italiano.php?lemma=CRASTINUS100

Maria Domenica Depalo

Un po’ di sano egoismo non guasta mai

“Pensi sempre e solo a te! Non t’importa degli altri.” Quante volte ci è capitato di ascoltare o addirittura di pronunciare tali parole con foga e convinzione.

Siamo soliti infatti attribuire al termine “egoismo” un’accezione ed un significato profondamente negativi. Ma siamo proprio sicuri che sia corretto al cento per cento?

Nessuno mette in dubbio il fatto che la persona egoista sia colei che ignora chi la circonda concentrandosi solo su sé stessa e sulle proprie esigenze, disinteressandosi quindi totalmente di quelle degli altri.

Ma siamo certi che sia sempre così sbagliato pensare alle proprie necessità? Non sarebbe più corretto parlare dell’esistenza anche di una forma di egoismo corrispondente in realtà ad una presa di coscienza e consapevolezza della propria persona ed individualità, nonché del proprio valore?

“Senza egoismo l’autostima non c’è. È ovvio che può diventare problematico quando diventa la caratteristica principale di una personalità ma allo stesso tempo anche l’eccesso di altruismo può diventare dannoso e negativo”. (cit. di Matteo Merigo, psicologo e psicoterapeuta da fanpage.it)

Essere troppo altruisti e disponibile può in effetti portare a risvolti negativi, non soltanto per quanto riguarda le proprie relazioni ma anche e soprattutto per quanto concerne la propria persona intesa come individuo. Attenzione perché parliamo di individuo e non di individualismo.

L’autoreferenzialità del resto viene disgiunta dall’altruismo ma allo stesso tempo non può non essere legata alla ricerca e al raggiungimento del proprio IO e del proprio equilibrio interiore.

Dare spazio a se stessi è assolutamente fondamentale oltre che necessario. Si tratta infatti di una forma di egoismo che in realtà è ricerca di sé e di ciò che ci determina e che va salvaguardato.

Essere in grado di dire di no e di dare spazio ai propri progetti è un diritto imprescindibile del quale nessuno può fare a meno e di cui non si può essere privati perché ci permette di raggiungere un benessere personale ed individuale che può portarci anche ad aprirci agli altri e di mostrarci ma soprattutto essere altruisti.

Paradossalmente l’egoismo, inteso come attenzione e cura di sé, può essere quindi concepito come precondizione di quella forma alta e preziosa di attenzione per l’altro che è l’altruismo.

Voi cosa ne pensate? Scrivetelo nei commenti.

Link per saperne di più:

https://www.fanpage.it/stile-e-trend/benessere/perche-essere-egoisti-a-volte-fa-bene-quanto-e-importante-imparare-a-riconoscere-i-propri-bisogni/

Maria Domenica Depalo

Psychology and surroundings: the narcissist

Psychology and surroundings: the narcissist

Astonished fixes himself and without being able to detach his eyes it remains as unethy as a marble-carved statue of Paro. Lying on the ground, he contemplates those two stars that are his eyes, bacchus-worthy hair, worthy even of Apollo, and smooth cheeks, ivory neck, beauty of the mouth, the soft pink on the white niveo, and all he admires is what makes him wonderful(from vv. 418- 424, Metamorfosi di Ovidio)

Taken from the Metamorphosis, these extraordinary verses tell about the hunter Narcissus who, after rejecting the love of the nymph Eco, was condemned to love himself to the death. Aware of his beauty, in love with himself, he isn’t able to have the object of his love and condemns himself to desperation even in the underworld.                          

Why are we talking about him? We are talking about him because he represents the model of a dangerous type of person you have to avoid. Those who love themselves in a correct way are able to love the people around, respecting them in their individuality, feelings and characteristic beauty: therefore they are able to build healthy relationships based on respect for the others. But there are also those who love themselves in a way that is not only selfish or self-referential but can become extremely harmful: they are the narcissists.

In this person there aren’t those feelings of empathy and affinity that allow us to understand what the people feel. The narcissist in particular seems careless of those around him who indeed become mere instrument of the worship of his own person and his prerogatives.

But what could be the roots of this way of being? Surely at the base there is that feeling of insecurity and inner fragility as a result of which one is constantly looking for confirmation from outside. However, when the other becomes only an object thanks to which he can confirm only one’s individuality, then the prospects change.

The narcissist believes that he is a “unique” and incredible individual for beauty, talents or ability so much that he claims to be admired by others. In fact, he is convinced that he has such a value as to justify his centrality and importance in his circle of knowledge that thus become the way in which to allow his self-referentiality to be expressed.

Everyone and everything exist only because it must help his self-expression, without remorse toward feelings or expectations of the others. He doesn’t feel empathy: however, he is able to fake it by creating relationships of addiction of which he is director.

It is not easy to deal with an individual of this kind who is also prey to jealousies and envies, and it is not even easy, once one has become aware of one’s own way of being, to get out of this status.

Narcissism has a share of charm from which it is difficult to get rid of it and therefore the first advice that can be given to those who suffer from it is to acknowledge that it is not a healthy self-love but a pathological distortion of relational reality. The narcissist establishes logorous relationships of addiction and often of hatred/love with others (and basically with the false image he wants to give of himself…) and can never show himself as he really is, with the fragile sides that everyone has. If you realize that you have unlimited success fantasies, if you often feel if not always the best, if you request admiration to the point of manipulating others to get it but can not identify with them, you probably already suffer from it. Getting help as soon as possible is a sign of intelligence as well as true self-love.” (taken from https://www.riza.it/psicologia/tu/4021/nella-gabbia-del-narcisismo.html)

To learn more, click on these links:

https://www.riza.it/psicologia/tu/4021/nella-gabbia-del-narcisismo.html

https://www.riza.it/psicologia/tu/6828/egoismo-e-narcisismo-non-simili-ma-opposti.html

http://www.benessere.com/psicologia/emozioni/narcisismo.htm

http://lnx.mthi.it/wp-content/uploads/2015/04/Testi-Mythos_incontro-Narciso.pdf

P.S. The images are taken from pixabay.com

Maria Domenica Depalo

Psicologia e dintorni: il narcisista

Psicologia e dintorni: il narcisista

“Attonito fissa se stesso e senza riuscire a staccarne gli occhi rimane impietrito come una statua scolpita in marmo di Paro. Disteso a terra, contempla quelle due stelle che sono i suoi occhi, i capelli degni di Bacco, degni persino di Apollo, e le guance lisce, il collo d’avorio, la bellezza della bocca, il rosa soffuso sul niveo candore, e tutto quanto ammira è ciò che rende lui meraviglioso” (vv. 418- 424, Metamorfosi di Ovidio)

Tratti dalle Metamorfosi, questi versi straordinari narrano del cacciatore Narciso che, dopo aver rifiutato l’amore della ninfa Eco, fu condannato ad amare se stesso fino alla morte. Consapevole della sua bellezza, la insegue senza poterla raggiungere; innamorato di se stesso, cerca di toccare se stesso attraverso quel riflesso d’acqua nel quale si specchia senza poterci riuscire però. Ed è questa la causa principale del suo tormento:  desiderare se stesso senza potersi avere e condannandosi alla stessa pena anche nel mondo degli inferi.                             

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Chi ama se stesso è anche in grado di amare chi lo circonda, rispettandolo nella sua individualità, nei suoi sentimenti e nella sua bellezza intrinseca e caratteristica: è in grado quindi di costruire relazioni sane basate sul rispetto del prossimo. Tuttavia c’è anche chi ama se stesso in un modo che non è solo egoistico o autoreferenziale ma può diventare estremamente dannoso: parliamo del narcisista.

In questa persona sembrano mancare quei sentimenti di empatia e di affinità che permettono di cogliere l’altro per quello che è, cioè come quell’insieme di emozioni e sentimenti importanti esattamente come i suoi. Il narcisista in particolare appare incurante di chi lo circonda che anzi diventa mero strumento del culto della propria persona e delle proprie prerogative.

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Ma quali potrebbero essere le radici di questo modo di essere? Sicuramente alla base vi è quel sentimento di insicurezza e di fragilità interiore a causa del quale si è alla costante ricerca di conferme dall’esterno. L’altro diventa lo specchio nel quale ci si riflette e con cui si coglie quell’immagine a cui tendiamo e che vorremmo che fosse sempre di perfezione o almeno corrispondente al disegno che abbiamo costruito. Tuttavia quando l’altro diventa solo un oggetto grazie al quale poter affermare soltanto la propria individualità, allora le prospettive cambiano.

Il narcisista ritiene di essere un individuo “unico” ed incredibile per bellezza, talenti o capacità tanto da pretendere di essere ammirato dagli altri. Egli è convinto infatti di essere in possesso di un valore tale da giustificare la sua centralità ed importanza nella sua cerchia di conoscenze che diventano così il modo mediante il quale lasciar esprimere la propria autoreferenzialità.

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Convinto che tutto debba essere finalizzato all’espressione di sé, usa consapevolmente e senza rimorso il prossimo, incurante dei suoi sentimenti o delle sue aspettative. Non prova empatia: è però in grado di fingerla creando dei rapporti di dipendenza dei quali egli è regista.

Non è facile avere a che fare con un individuo di questo tipo facile preda anche di gelosie ed invidie e non è neppure semplice, una volta presa consapevolezza del proprio modo di essere, uscire da questo status.

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“Il narcisismo possiede una quota di fascino dalla quale è difficile liberarsi e quindi il primo consiglio che è possibile dare a chi ne soffre è quello di prendere atto che non si tratta di un sano amor proprio ma di una patologica distorsione della realtà relazionale. Il narcisista stabilisce rapporti logoranti di dipendenza e spesso di odio/amore con gli altri (e in fondo con l’immagine falsa che vuole dare di sé…) e non può mai mostrarsi com’è veramente, con i lati fragili che tutti hanno. Se ti accorgi che hai fantasie di successo illimitato, se ti senti spesso se non sempre il migliore, se richiedi ammirazione al punto da manipolare gli altri per ottenerla ma non riesci a immedesimarti in loro, probabilmente ne soffri già. Farti aiutare il prima possibile è segno di intelligenza oltre che di vero amor proprio”.(tratto da https://www.riza.it/psicologia/tu/4021/nella-gabbia-del-narcisismo.html  )

Per saperne di più, cliccate su questi link:

https://www.riza.it/psicologia/tu/4021/nella-gabbia-del-narcisismo.html

https://www.riza.it/psicologia/tu/6828/egoismo-e-narcisismo-non-simili-ma-opposti.html

http://www.benessere.com/psicologia/emozioni/narcisismo.htm

http://lnx.mthi.it/wp-content/uploads/2015/04/Testi-Mythos_incontro-Narciso.pdf

Maria Domenica Depalo

Fenomenologia del selfie

Fenomenologia del selfie

Tra Instagram, Facebook e Pinterest l’autoreferenzialità e la smania per i selfie sembrano regnare più sovrani che mai. Non c’è speranza alcuna di cavarcela facendo finta di nulla. Ci esibiamo in ogni dove e in ogni quando. Inutile fingersi indifferenti o “superiori”: ognuno di noi ne ha fatto almeno uno. 

Fino a qualche decennio fa chi veniva colto in flagrante mentre si scattava solo soletto una foto era guardato con sospetto o persino sbeffeggiato. Oggi invece il selfie è un must: O tempora, o mores come direbbe Cicerone, cioè ad ogni epoca i suoi costumi.

Cos’è esattamente un selfie? Come tutti ormai sappiamo, si tratta di un autoscatto realizzato nella maggior parte dei casi senza pretese e velleità artistiche mediante smartphone, fotocamera digitale, tablet e tutto ciò che ha a che vedere con la tecnologia ed i social. 

Ma chi sono i maniaci del selfie? Siamo tutti noi, bramosi di autoaffermazione e alla costante ricerca dell’approvazione da parte degli altri. Attraverso pose più o meno spontanee ma più che altro plastiche tentiamo di fare bella mostra della nostra persona. Ma ci riusciamo? La persona che si autoritrae è davvero così bella e simpatica come vuole far credere? Ma soprattutto è autentica o fin troppo finta? 

D’altro canto per ottenere un selfie con i fiocchi, spesso e volentieri ricorriamo a varie applicazioni presenti sui nostri telefoni. E così filtro dopo filtro finalmente giungiamo al risultato sperato, cioè all’immagine che abbiamo di noi o a quella che vorremmo gli altri avessero di noi. Quindi pubblichiamo e scriviamo con orgoglio: SEMPLICEMENTE IO. Ma che fatica!

Postare ogni tanto qualche foto che racconti di sé e delle proprie attività può essere gratificante oltre che divertente. Attenzione però a non esagerare con gli scatti!

Quando infatti fotografarsi e pubblicare dei selfie diventa qualcosa di cui non si può più fare a meno, quando lo scatto è finalizzato solo al giudizio del pubblico e l’ossessione per la propria immagine priva qualsiasi atto della sua spontaneità siamo di fronte alla sindrome da selfie. Si tratta di un disturbo legato al narcisistico desiderio di autoaffermazione e approvazione che porta a scattare e pubblicare in maniera maniacale ogni momento di sé.

“Si tratta anche in questo caso di un fenomeno (nota: il selfie) che tradisce il desiderio ed il piacere di apparire, di mostrarsi e di mostrare qualcosa di sé valutato come positivo e degno di essere condiviso. Alla ricerca di “like”: approvazione, condivisione e complimenti che possano confermare l’immagine e l’idea che si vuole dare di sé, il compulsivo pubblicatore di “selfie” appare come l’ennesimo fragile personaggio in cerca di approvazione.”( tratto da https://www.psicoterapiapersona.it/2014/02/27/narcisismo-e-sindrome-da-selfie/).

L’unica cosa da fare è cercare di non esagerare e di prendere in mano la situazione onde evitare di sviluppare una dipendenza psicologica decisamente difficile da gestire e pericolosa.

E voi che rapporto avete con i selfie? Scrivetelo nei commenti e parliamone.

Per saperne di più:

https://freewordsmagazine.wordpress.com/2017/09/01/fenomenologia-del-selfie/2/

https://it.wikipedia.org/wiki/Selfie

http://psicologia.doctissimo.it/disturbi-psicologici/giovani-e-dipendenze-gli-sballi-giovanili/selfie-mania.html

https://www.psicoterapiapersona.it/2014/02/27/narcisismo-e-sindrome-da-selfie/

http://www.treccani.it/enciclopedia/narcisismo_(Universo-del-Corpo)/

Maria Domenica Depalo

 

 

 

Ansia: un nemico da combattere

Ansia: un nemico da combattere

Impegni lavorativi, scadenze da rispettare, aspettative, progetti e preoccupazioni: che stress ma soprattutto che ansia! Ansia di non riuscire a portare a termine i propri progetti o ansia di sbagliare.
Spesso legata ed associata alla paura, l’ansia però se ne distingue per la sua eziologia endogena. Si ha paura di qualcuno o di qualcosa mentre l’ansia si caratterizza per la sua apparente indeterminatezza. In casi gravi può provocare veri e propri attacchi durante i quali la pressione sanguigna e la frequenza dei battiti del cuore aumentano e le pupille si dilatano.
In quegli istanti il tempo sembra fermarsi e temiamo l’irreparabile. Sentiamo un nodo alla gola e ci sembra di non respirare. Siamo pallidi. Nulla sembra tranquillizzarci. Sono attimi brevi che sembrano non giungere mai alla fine.

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fonte: pixabay.com

L’ansia, come la rabbia, la gioia, la felicità ed il dolore, fa parte dell’ampia gamma di emozioni umane ed è legata al primordiale istinto di sopravvivenza. Ci comunica quindi che qualcosa non va. Lo fa attraverso un crescendo di emozioni che poi esplodono determinando uno stato difficile da superare se non viene affrontato con decisione e con l’aiuto di un professionista.
Sembra che l’azione dell’amigdala e dell’ippocampo sia alla base di questo stato psicologico.
L’amigdala gioca in particolare un ruolo determinante nel controllo di comportamenti complessi quali l’attenzione e la vigilanza, lo sviluppo dei rapporti sociali e soprattutto l’apprendimento e la memoria della paura e dell’ansia (tratto da Ansia depressione nevrosi. Come viverle).
L’ippocampo invece è alla base della memoria e dell’orientamento spaziale. Del resto, in caso di patologie gravi come l’Alzheimer, i primi danni riguardano proprio questa parte del cervello.

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Quando gli attacchi d’ansia si presentano con una frequenza tale da impedirci di vivere serenamente dobbiamo chiedere aiuto per cercare di capire come affrontarli al meglio e superarli.

Cosa possiamo fare però nell’immediato, quando veniamo colti e travolti dal vortice dell’ansia ed il panico e l’angoscia sembrano pervaderci in toto?
1. respiriamo profondamente cercando, per quello che è possibile, di mantenere la calma. Infatti più ci agitiamo e peggio è. Dobbiamo entrare nell’ottica secondo la quale gli attacchi e stati d’ansia sono passeggeri;

2. ascoltare il nostro corpo. Il nostro malessere esteriore è legato a quello interiore. Cerchiamo di ritagliarci degli spazi in cui dedicarci a noi stessi e alle nostre passioni. L’ideale sarebbe svolgere dell’attività fisica in modo da scaricare la tensione fisica e stimolare la produzione di endorfine, cioè i neurotrasmettitori alla base del piacere;

3. fare una lista delle priorità e gioire dei piccoli successi ottenuti. Questo contribuirà anche ad aumentare la nostra autostima;

4. circondarsi di positività volgendo lo sguardo sulle proprie certezze come la famiglia e gli amici è fondamentale;

5. essere egoisti nel senso di fare i propri interessi e seguire le proprie passioni;

6. essere altruisti: aiutare il prossimo aiuta anche noi.

Ma soprattutto diamoci tempo.

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Per saperne di più leggete e cliccate su:
“L’ansia” scritto con la collaborazione del dottor Luca Pani del dipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Cagliari in ansia, depressione, nevrosi (allegato di Viversani &Belli n4/1996). Come vincerle. da pag. 27 a pag. 47
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Ansia
http://www.riza.it/psicologia/ansia/5134/ansia-senza-motivo-ecco-cosa-fare-subito.html
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Ippocampo_(anatomia)
http://www.riza.it/psicologia/attacchi-di-panico/2167/attacchi-di-panico-come-superare-le-crisi.html
http://m.huffingtonpost.it/2014/06/10/7-consigli-per-gestire-un-attacco-di-ansia_n_5477898.html
http://www.focus.it/comportamento/psicologia/ansia-trucchi-scientifici-per-combatterla

https://freewordsmagazine.wordpress.com/2017/09/15/ansia-cose-e-come-affrontarla/

P. S. L’intento di questo articolo è solo quello di fornire dei consigli generici. Per risolvere questo problema infatti bisogna rivolgersi sempre e solo ad uno specialista.

P. S. Questo articolo trae le sue origini da quello scritto sempre da me per freewordsmagazine. Tuttavia ne è una sua rivisitazione.
Maria Domenica Depalo