Solitudine e socialità: il pensiero di Seneca

« È importante sapersi ritirare in se stessi: un eccessivo contatto con gli altri, spesso così dissimili da noi, disturba il nostro ordine interiore, riaccende passioni assopite, inasprisce tutto ciò che nell’animo vi è di debole o di non ancora perfettamente guarito. Vanno opportunamente alternate le due dimensioni della solitudine e della socialità: la prima ci farà provare nostalgia dei nostri simili, l’altra di noi stessi; in questo modo, l’una sarà proficuo rimedio dell’altra. La solitudine guarirà l’avversione alla folla, la folla cancellerà il tedio della solitudine. »

Lucio Anneo Seneca, “De tranquillitate animi”

Solitudine e socialità: due sostantivi dal significato antitetico ma non per questo indicanti realtà disgiunte l’una dall’altra.

La socialità è parte costitutiva dell’essere “umani”. D’altronde Aristotele stesso, secoli prima, lo aveva evidenziato sottolineando la natura relazionale degli uomini attraverso la nostra definizione come “animali sociali”. Non possiamo essere e vivere da soli vista la nostra natura. Talvolta, tuttavia, ne sentiamo la necessità.

In tal senso la solitudine può essere intesa come un vero e proprio balsamo, in grado di allontanarci da ciò ci “intossica” ma anche di rigenerarci e di riportare alla luce ciò che di più intimo alberga in noi, come desideri, passioni e sogni a cui da tempo non prestiamo più attenzione, presi dalla frenesia del nostro tempo.

Solitudine e socialità non hanno ragion d’essere l’una senza l’altra. Solo soli, apprezziamo la socialità e solo in compagnia apprezziamo la solitudine.

E voi, che rapporto avete con queste realtà della natura umana?

Link:

https://fuoritempofuoriluogo.com/2019/10/30/la-solitudine-e-la-riscoperta-di-se/

https://fuoritempofuoriluogo.com/2019/06/01/hikikomori-quando-isolarsi-diventa-una-scelta-volontaria/

Maria Domenica Depalo

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La solitudine e la riscoperta di sé

La solitudine e la riscoperta di sé

Qualche tempo fa abbiamo affrontato il tema della solitudine intesa come isolamento sociale. Ne abbiamo poi evidenziato la negatività parlando degli Hikikomori, persone di ogni età che volontariamente si allontanano dalla società anche per anni chiudendosi in loro stesse e nel loro mondo personale.
Oggi invece parleremo della solitudine sottolineandone gli aspetti positivi.

Presi da mille impegni, circondati da centinaia di persone che sembrano spesso soffocarci con la loro presenza ingombrante, sentiamo di avere bisogno di staccare da tutti e da tutto per ritrovare noi stessi.

Riscoprire noi stessi è fondamentale se non vogliamo essere fagocitati da una società che vuole vederci sempre efficienti e pronti all’azione.

Ecco perché ci concentreremo sulla solitudine vista come strumento di rigenerazione.

Studi recenti e pubblicati su “Personality and social psychology bulletin” dell’Università di Rochester dimostrano come un quarto d’ora al giorno di solitudine possa contribuire a rigenerare mente e corpo.

Stare soli con se stessi dando ai propri pensieri la possibilità di scorrere liberi permette alla propria mente di ‘respirare’ e di potersi esprimere senza quei confini che spesso siamo proprio noi stessi a costruire.

Tuttavia, la solitudine può anche far paura. Avere a che fare con se stessi ed i propri demoni non è facile. Ecco perché tendiamo a circondarci di persone, a coltivare molti interessi e ad oberarci volontariamente di compiti.

Temiamo il vuoto.

Essere soli invece va visto come la grande occasione di scoprire o riscoprire noi stessi, i nostri sogni, progetti e passioni ma anche a convivere con le nostre paure e brutture. Anche loro fanno parte di noi.

Che rapporto avete con la solitudine? Come la affrontate? La temete o la apprezzate?

Link:

https://fuoritempofuoriluogo.wordpress.com/2019/06/01/hikikomori-quando-isolarsi-diventa-una-scelta-volontaria/

https://www.huffingtonpost.it/2017/11/14/per-sentirsi-meglio-servono-15-minuti-al-giorno-in-totale-solitudine-secondo-uno-studio-scientifico_a_23276442/

https://www.curiositadallarete.it/2018/03/09/una-persona-che-impara-a-stare-bene-da-sola-non-si-accontenta-piu-della-compagnia-di-chiunque/

Maria Domenica Depalo

Il cibo come strumento di relazione

Il cibo come strumento di relazione

Condividere, ridere e parlare, aprirsi agli altri: gli esseri umani sono, per propria natura,  “animali” sociali dediti alla relazione con i propri simili. La qualità della relazione inoltre determina, da un punto di vista strettamente biochimico, il rilascio di endorfine, gli ormoni del benessere.

Le modalità e le occasioni per perpetuare questo stato di grazia sono innumerevoli. Oggi però ci concentreremo soltanto su una di queste: il cibo. Ci interrogheremo sulla verità del legame “cibo – condivisione – felicità”.

Partiamo da un sondaggio condotto dalla “Oxford Economics” condotto su un campione di 8250 individui le cui vite e rapporti umani sono stati analizzati in relazione proprio alle proprie modalità di consumo del cibo. Più precisamente l’indagine ha cercato di rispondere a questa semplice domanda: “Consumare il cibo in compagnia rende felici?”.

Apparentemente banale e dalla risposta ovvia, in realtà tale quesito ha posto l’accento anche sulla questione inversa: “Consumare il cibo da soli può rendere infelici?”.

A dire il vero, non è possibile rispondere in modo netto ed univoco ad entrambe le domande. Proviamoci però, cominciando dalla seconda. Nelle prossime settimane parleremo della solitudine evidenziando che, in caso di scelta volontaria e consapevole, essa può essere vista come un momento positivo di riscoperta e di rivalutazione della propria persona.

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