Parole su carta: recensione di Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo
Racconto universale, noto in Oriente da dove trae le sue origini ed in Occidente, diffuso in tutte le civiltà, l’Antico testamento si configura come protagonista indiscusso di Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo.

Attraverso l’analisi e la disamina delle storie più significative e più coinvolgenti della Bibbia, l’autore ci porta all’interno di una storia senza tempo.
Il tutto inizia con la Genesi, con la nascita dell’universo che però non è solo nascita dei pianeti, delle stelle e degli elementi naturali.
L’origine di tutto coincide con la nascita dell’essere e dell’esistere, della consapevolezza delle proprie peculiarità e particolarità.

La storia del Cristianesimo, dell’Ebraismo e dell’Islam si intrecciano inevitabilmente l’una con l’altra in questa analisi di storie senza tempo. L’influsso delle culture orientali emerge fortemente all’interno della disamina di quest’opera che appare spiegata in maniera semplice ed un tempo anche ricca di caratterizzazioni.
I personaggi tratti dell’Antico testamento vengono rappresentati non soltanto nelle loro caratteristiche più umane ma anche nei loro rapporti con Dio, con il Signore che governa e che sa ogni cosa.

Si tratta di un Dio che appare talvolta crudele ed eccessivo ma che poi nel corso dell’evoluzione della storia si rivela sempre più “umano” più vicino al suo creato.
È un Dio che comprende le fragilità delle sue creature e che cerca di venire incontro ad esse. Sempre giusto anche se spesso incomprensibile, è mistero svelato.
Le sfide a cui ognuno è sottoposto non soltanto saggiano la fedeltà al Signore ma al contempo anche la fiducia assoluta in un ente che ha determinato l’origine di qualsiasi cosa e a cui tutti dobbiamo qualcosa.
È un Dio senza il quale non sarebbe stato possibile per Sara ed Abramo avere un figlio in tarda età e per il popolo Santo venir liberato dalla schiavitù d’Egitto.

La pazienza di Giobbe, la storia di Davide e Golia e della sfrontatezza arrogante di Sansone, la fiducia di Abramo che comunque non potrà vedere la terra promessa, mostrano quanto siamo piccoli rispetto ad un Dio la cui grandezza non vuole essere soltanto indice di una smisuratezza senza confini. Suo scopo è mostrare delle peculiarità tipicamente umane quali quelle appunto quelle della fallibilità e della nostra imperfezioni.

L’opera si configura quindi non soltanto come un’elencazione dei fatti storici più rilevanti ma al contempo e soprattutto come analisi delle fragilità umane e delle nostre preoccupazioni e paure.
Personalmente ho apprezzato tutta la parte relativa alla Genesi che si è mostrata non solo come narrazione della Genesi del pianeta e di tutti i viventi ma soprattutto come Genesi dell’io. Consiglio fortemente la lettura di questo libro.
Buona lettura.
Maria Domenica Depalo









